Draghi sconfitto rilancia il governo: non vuole toccare la squadra e stoppa il pressing della Lega

Ilario Lombardo

Certamente non è uno che è abituato a perdere. E in fondo Mario Draghi pensa che gli sia andata bene così, come lui stesso in qualche modo ha ammesso tra le righe con Sergio Mattarella, durante il loro colloquio, quando gli ha chiesto di restare: «È un bene per la stabilità dell’Italia e anche per il mio governo».

Per Draghi, Mattarella è il miglior epilogo possibile di questa furiosa partita quirinalizia dopo la certificazione che lui in persona non ce l’avrebbe mai fatta. Ed è per questo che ieri mattina, dopo il confronto con il capo dello Stato a margine del giuramento di Filippo Patroni Griffi a giudice della Corte costituzionale, Draghi è tornato a Palazzo Chigi e ha chiamato uno per uno i leader per assicurarsi che stessero convergendo su Mattarella. Non li ha convinti: lo erano già. Perché l’onda era partita, e tutto stava già portando lì. Le forze politiche in Parlamento avevano già scelto, mentre i leader si azzuffavano ostaggio delle loro stesse tattiche.

Ora Draghi ha bisogno e voglia di ripartire. Da oggi, giura, ci sarà più governo di prima. Ieri ha raggiunto la moglie a Città della Pieve ma lavora a due Consigli dei ministri già per questa settimana. «Dobbiamo salvare quello che è stato fatto e accelerare», dice. Dal Pnrr alla digitalizzazione, dal fisco e alle pensioni: la promessa è di raggiungere gli obiettivi evitando i tentennamenti e le infinite mediazioni dei mesi scorsi, i mesi in cui il premier ha dovuto anche misurare sui partiti la fattibilità dei propri piani per il Quirinale. Dal punto di vista di Draghi, «questo risultato rafforza l’azione di governo». La debolezza delle leadership, uscite frantumate da sette fumate nere e sei giorni di capriole e di finte, potrebbe essere un’occasione per dare slancio alla missione dell’esecutivo, ma può rivelarsi anche un problema per gli equilibri del governo.

La reazione alle voglie immediate di rimpasto della Lega è quasi stizzita, racconta chi ha parlato con Draghi, dopo che in una dichiarazione, non a caso congiunta, Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti avevano avvertito: «Serve una nuova fase». Il segretario del Carroccio, in serata, lo ribadirà più esplicitamente. Intende rimettere in discussione alcuni ministeri, e nel mirino ci sono innanzitutto l’Interno, la Transizione ecologica e le Infrastrutture. Potrebbe puntare al rimpasto di sponda con Giuseppe Conte, furibondo con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che gli ha sbarrato la strada dell’elezione di Elisabetta Belloni. Conte e Salvini chiedono un colloquio urgente con il premier e già domani potrebbero incontrarlo. Ma è il caso di Giorgetti a preoccupare soprattutto Palazzo Chigi. Il ministro dello Sviluppo economico potrebbe lasciare il governo. Ieri lo ha evocato con una battuta, poi in parte rientrata, ma parlamentari leghisti che ne hanno raccolto gli sfoghi credono che si dimetterà alla prima occasione utile.

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