Destra, la grande incompiuta
La crepa a sinistra è già una voragine a destra. I soci fondatori dell’intesa politica che risulta in testa nei sondaggi hanno litigato su ogni passaggio dell’elezione presidenziale, con Berlusconi che ha imposto di partire dal suo nome, Salvini e Meloni che lo hanno sostenuto senza crederci per poi passare a una terna priva di speranza, quindi dividersi tra astensione, scheda bianca e la trovata di Nordio lanciato da Fratelli d’Italia, fino al balletto di nomi salviniani finiti direttamente nel burrone. E ancora Berlusconi che con un colpo di coda irritato toglie a Salvini la gestione dei suoi voti, decidendo di mettersi in proprio per favorire infine Mattarella costringendo il leader della Lega a seguirlo per non rimanere fuori dai giochi, mentre Meloni denuncia che il centrodestra è saltato per aria, grazie ai suoi partner traditori e incoerenti.
È probabile che la colla elettorale tenga insieme fino al voto questi alleati riottosi, ma dietro le convenienze di breve periodo la vicenda presidenziale svela un problema enorme, che si è sempre cercato di nascondere: quante destre ci sono in realtà, mascherate da una tiepida intesa? E come possono convivere (e addirittura governare) i moderati con i reazionari, i centristi e i post-fascisti, i conservatori e i liberali? Manca una cultura egemone, sostituita per quasi trent’anni dalla mistica berlusconiana che ha incorporato la destra radicale ma poi è stato incapace di emanciparla. Fino a quando?
Oggi non possiamo più ignorare che una delle falle del sistema è proprio qui: la destra è un’incompiuta, che aspetta non più un federatore ma un fondatore della nuova identità risolta. E poiché i Cinque Stelle devono ancora dire a se stessi e al Paese se sono parte di una sinistra di governo o abitano ancora nella galassia antipolitica, bisogna purtroppo concludere che l’incompiuta è la cifra della democrazia italiana d’inizio secolo.
REP.IT
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