L’agenda Mattarella, un memorandum destinato a proiettarsi oltre l’emergenza

Il capitolo sul quale Mattarella non si preoccupa di mostrarsi ansiogeno per qualcuno (in questo caso le toghe) è quello della giustizia, «terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività», e nel quale lui stesso è stato a più riprese chiamato in causa. Lo affronta, dopo aver glissato un po’ altri temi delicati («non spetta a me indicare percorsi riformatori da seguire»), mettendosi — come altre volte in suoi interventi del passato — nei panni dei cittadini. E rivendicando nel contempo il ruolo di capo del Consiglio superiore della magistratura, con una allusione alla riforma annunciata dal governo, che chiede sia completata «subito».

Ricorda che, fermi restando i principi di «autonomia e indipendenza della magistratura», l’ordinamento giudiziario deve «corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e credibilità» richieste dalla gente comune. Il che troppo spesso non accade, e questa non è una percezione distorta per un riflesso politico condizionato, ma una realtà fattuale. Basta riandare alle vicende che hanno visto di recente il Csm coinvolto in clamorose e delegittimanti polemiche per il mercato delle carriere, favorito anche da perverse influenze delle correnti.

Ne fa esplicito riferimento, il presidente, specificando che «le logiche di appartenenza, per dettato costituzionale, devono rimanere estranee all’ordine giudiziario». E premendo affinché sia «recuperato un profondo rigore», condizione indispensabile anche per riconquistare «fiducia e non diffidenza» verso la giustizia, da parte dei cittadini. È una questione di «credibilità», insiste con nettezza. Non è un ammonimento di poco conto, in una fase storica in cui si affacciano nuovi poteri (per esempio quelli che rimandano alla sfera del digitale), verso i quali la funzione equilibratrice di una magistratura efficiente potrà risultare essenziale.

Altro snodo, quello del Parlamento, di cui sempre più spesso si lamenta la mortificazione durante il processo di formazione delle leggi. Critica che Mattarella, dopo aver confermato la centralità delle Camere, condivide, con una critica ad alcune prassi adottate anche dal governo Draghi, e che va invece informato e coinvolto di più e meglio. Perché «non è accettabile la forzata compressione dei tempi parlamentari», ciò che rende necessarie «nuove regole» anche per favorire «una stagione di partecipazione». Ragionamenti prescrittivi, quasi un programma, come quelli sollevati da Mattarella per rendere «più moderna» e «più giusta» l’Italia — che «è un grande Paese», sottolinea, come per dare coraggio a tutti — combattendo grazie ai vaccini la lotta, «non ancora conclusa», contro il virus e impegnandoci per la ripresa economica «con il concorso di ciascuno». Perno di questo passaggio cui «siamo tutti chiamati», deve essere una «stabilità fatta di dinamismo, lavoro, sforzo comune».

C’è molto da fare, dopo che abbiamo attraversato la fase più acuta, luttuosa ed economicamente destabilizzante dell’emergenza. A partire dalla conferma del nostro ancoraggio all’Europa, della quale dobbiamo orientare «il processo di rilancio» dell’Unione, in modo di rendere «stabile e strutturale la svolta compiuta con la pandemia» e che ci vede nella veste di maggiori beneficiari del programma Next generation. Serve quindi un nostro ruolo attivo, su tale fronte. E l’inevitabile sottinteso è che nessuno meglio di Draghi può garantirlo. Come pure servono idee chiare nella delicatissima partita in corso sull’Ucraina, dove non possiamo permetterci un clima da nuova guerra fredda.

Per il resto, il discorso d’insediamento è carico di cenni a una società in sofferenza e a troppi diritti negati. Così è fatale che «la pietra angolare» della riflessione del presidente sia riassunta dalla parola «dignità», ripetuta per 18 volte.
Dignità nel mondo del lavoro e per i giovani sempre più sospinti verso «le periferie esistenziali», contro le morti bianche, le disuguaglianze di genere, il razzismo e l’antisemitismo, la violenza sulle donne, la povertà, le carceri sovraffollate, le mafie. Insomma, un appello di matrice progressista che contempla la sua sensibilità e cultura di cattolico sociale.

CORRIERE.IT

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