Mattarella, il richiamo alla dignità

Il valore e l’eccezionalità del governo di Mario Draghi, con una maggioranza così larga, che contribuisce a garantire i rapporti con i «Paesi amici» e accentua il peso e la credibilità dell’Italia all’estero; l’esigenza di rimanere nel gruppo di testa europeo e ottenere che la svolta solidale dell’Ue diventi irreversibile; l’obiettivo di scoraggiare le «esibizioni di forza» a livello internazionale e di evitare l’ipoteca dei poteri economici sovranazionali che aggirano le democrazie: sono tutti punti fermi che il presidente della Repubblica allinea, spiega e addita alla riflessione di chi lo ha eletto e di chi lo riconosce come punto di riferimento.

Non si può non rilevare che Mattarella non ha sorriso mai: come se sapesse che la sua tenda simbolica sarà sottoposta nei prossimi mesi e anni a tensioni forti, perfino a tentativi di strappo. Il capo dello Stato sembra rendersi perfettamente conto che l’entusiasmo raccolto nell’immediato presto dovrà confrontarsi con i problemi sociali, con un malessere esasperato dalle sacche di povertà e gonfiato dalle tentazioni di strumentalizzarlo a fini politici. I fantasmi del razzismo e dell’antisemitismo, le pulsioni populiste sono in ritirata ma non sconfitti. Culturalmente, basta registrare la violenza sulle donne per comprendere quanto una convivenza e un’uguaglianza che cominciano nelle famiglie e nella società siano tuttora non scontati.

In più, i prossimi mesi preannunciano una campagna elettorale dura, e una riscrittura della geografia politica che può scuotere una stabilità offerta nell’ultimo anno dai due garanti Mattarella e Draghi; ma tutta da verificare, perché i lividi lasciati dalle votazioni dei giorni scorsi sono ancora ben visibili. Gli applausi ripetuti del Parlamento a Mattarella non possono essere ritenuti sufficienti a cancellarli. Già in passato si è assistito a un’approvazione corale, trasversale, delle parole di un capo dello Stato, contraddetta nello spazio di pochi mesi da comportamenti opposti. C’è da sperare che stavolta vada diversamente.

CORRIERE.IT

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