“Basta idiozie sul vaccino: ecco perché serve anche agli under 5”

Martina Piumatti

La curva dei contagi si piega, calano ospedalizzazioni e ricoveri in terapia intensiva, Omicron morde meno. Non per tutti. Il boom di positivi tra i piccolissimi under 5, gli unici che non si possono vaccinare, rallenta la frenata del virus. Ma ancora per poco. Il 15 febbraio l’americana Food and Drug administration dovrebbe approvare il preparato messo a punto da Pfizer-BioNTech per la fascia 6 mesi-4 anni. Elena Bozzola, pediatra infettivologo presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma, spiega a ilGiornale.it perché il vaccino per i piccolissimi è l’arma contro gli effetti sottovalutati del Covid.

A breve verrà approvato il vaccino anche per la fascia 6 mesi-4 anni: cosa sappiamo, è sicuro?
“Pfizer-BioNTech ha richiesto alla Food and Drug Administration l’autorizzazione a procedere per la vaccinazione nei più piccoli con due dosi di vaccino di 3 micro grammi, 1/10 del preparato messo a punto per gli adulti. Dunque, sono stati fatti studi per minimizzare il rischio di effetti collaterali e garantire la sicurezza a fronte di una buona efficacia del vaccino. Detto questo, bisognerà aspettare il parere di Fda e vedere i dati delle somministrazioni ai bambini americani. Mamme, papà, e anche nonni aggiungerei, possono stare sereni che ai bimbi non verrà dato un vaccino sperimentale e non senza l’ok da parte delle autorità regolatorie competenti”.

Dai dati, però, è emerso anche che tra i 2 e i 4 anni l’efficacia sembrerebbe essere inferiore nel prevenire contagio.
“Per ora si tratta ancora di dati preliminari che dovranno essere oggetto di studio ulteriore da parte di Fda. La cosa importante è effettuare la vaccinazione, perché i contagi stanno calando ma non nella fascia dei più piccoli, per i quali fino ad ora non è previsto il vaccino. Che sarebbe, invece, fondamentale per prevenire le forme più gravi e i ricoveri. Sotto i cinque anni ci sono 273mila casi con 5.500 ospedalizzati, 90 ricoverati in terapia intensiva e 10 morti. Numeri in linea con i dati americani: 10 milioni di bambini positivi, di cui 1,6 milioni sotto i 4 anni. Quindi parliamo di dati importanti”.

Di solito i bambini sviluppano pochissimi sintomi, un po’ di tosse e qualche linea di febbre. Perché, allora, dovremmo vaccinarli?
“È vero. Sappiamo che la positività di un bambino al momento decorre con pochi sintomi, però, non sappiamo che cosa ci riserverà il futuro e mi riferisco a tutte quelle conseguenze che può comportare un’infezione da Covid. Aumenta di due volte e mezzo la probabilità di sviluppare il diabete, c’è il rischio della Mis-C, la malattia multisistemica pediatrica, del Long Covid. Quindi se abbiamo un’arma per prevenire tutto questo ritengo sia importante valutarla. E per quanto riguarda le preoccupazioni relative agli effetti collaterali, abbiamo visto anche nella fascia superiore, tra 5 e 11 anni, diminuendo la dose diminuisce anche il rischio di eventi secondari”.

Però la somministrazione del vaccino ai bambini non pare decollare. Perché?
“In realtà c’è una concausa di due fattori. All’inizio quando è arrivato il vaccino, come sempre, noi italiani siamo stati a vedere. Io i miei figli gli ho vaccinati immediatamente. Diciamo che in genere è prevalsa la tendenza: facciamo le vacanze di Natale e vediamo un po’ come va. Poi, dopo le feste, con il picco di contagi da far paura, soprattutto tra i bambini, molti genitori sono corsi a vaccinarli. La frenata è dovuta al fatto che circa un 10% dei bambini ha contratto il Covid, un 30% si è già vaccinato e, lo dico per esperienza oltre che di pediatra anche di mamma, una buona parte è in quarantena. Non sa quanti casi di mamme che mi dicono di aver dovuto cancellare la prenotazione perché magari la quarantena finiva il giorno dopo. Così per un giorno devono riprogrammare l’appuntamento, cosa non sempre facile, perdendo l’opportunità di vaccinare il proprio figlio. Un peccato. Spero che con questa revisione delle normative sulla quarantena la situazione si sblocchi”.

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