Montanari e le foibe, quando all’analisi storica si preferisce un’esibizione provocatoria
Il rettore dell’Università per stranieri di Siena alla vigilia del Giorno del ricordo critica (ancora una volta) la giornata sulle foibe a un convegno: per il professore è un’ossessione e la sua più che storiografia è mitomania
Più che una riflessione è un’ossessione, più che un’analisi è un’esibizione, più che storiografia è mitomania. Per Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, le foibe rappresentano sempre una buona occasione per mettersi in mostra davanti a una sinistra «dura e pura». Di cui, evidentemente, si sente l’ultimo erede. Alla vigilia del Giorno del ricordo, «istituito — come recita la legge n. 92 del 30 marzo 2004 — al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra», Montanari ha pensato bene di organizzare a Siena un seminario dal titolo: «Uso politico della memoria e revanscismo fascista: la genesi del Giorno del ricordo».
Nel presentare il convegno (in una sala semideserta), Montanari ha ribadito il carattere accademico dell’incontro («l’università non si schiera politicamente»), che in discussione non è la tragedia delle vicende ma il revanscismo fascista che ha portato all’istituzione della legge del 2004, e tuttavia (nonostante la qualità degli interventi) a nessuno sfugge il carattere di provocazione per ribadire, ancora una volta, come questa ricorrenza sia «una falsificazione storica» voluta dalle destre. Il Giorno del ricordo non è nato in evidente opposizione alla Giornata della memoria (della Shoah). Se alcuni faziosi lo fanno (e lo fanno), se ne assumano la responsabilità. Ma non esiste nessuna equiparazione fra i due eventi: la Shoah indica l’unicità di una tragedia senza paragoni. Le foibe sono un abisso, la voragine dell’inebetimento umano. Non paragonabili al calcolato progetto di genocidio dei nazisti ma pur sempre parte di quell’ideologia di purificazione etnica che imbianca tutti i sepolcri del mondo.
La disinvoltura sul numero dei morti «costituisce — ha scritto Raoul Pupo — un ottimo trampolino di balzo per il negazionismo, che ha buon gioco nel denunciare esagerazioni e incongruenze e che nel facile risultato trova la spinta a mettere in discussione non solo la retorica rappresentazione, ma la sostanza dei fatti». La memoria va a corrente alternata? Memoria significa anche ricordare l’accoglienza riservata da molti italiani ai profughi.
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