La rivoluzione di Grillo è finita in un condom
Si possono rimproverare a Grillo tante cose, ma che su quella visione ha costruito il mondo pentastellato è un dato di fatto difficilmente confutabile. Ancora il guizzo di un anno e mezzo fa sta lì a dimostrarlo: vengo a Roma, chiudo io con Draghi, ci intestiamo la Transizione ecologica e via. Una pezza che copriva male un buco, un ricordo un po’ sbiadito delle intuizioni di un passato che non c’è più ma pur sempre un’intuizione. Messo da parte un po’ brutalmente da Conte, che dopo essere a sua volta stato brutalizzato lo ha inserito per statuto nella vetrina dei trofei da spolverare una volta al mese o poco più, il fondatore è stato richiamato a gran voce a Roma.
La solita balia, si dirà, a dover mettere pace all’ennesimo litigio interno, quello fra Conte e Di Maio, a questo giro. Va ancora peggio. Il visionario fondatore di un Movimento che ha portato fino al governo è dovuto correre nella capitale con uno stuolo di legali per fare il ragioniere di una guerra di carte bollate auto inflittasi dai suoi.
Se uno ci pensa, nemmeno nei momenti più abrasivi delle grandi battaglie intestine della politica italiana degli ultimi lustri (Berlusconi-Bossi, Berlusconi-Fini, Renzi-Bersani, Renzi-Letta ecc.) a nessuno sarebbe mai minimamente venuto in mente di poter leggere una roba così: “Ottimismo tra i legali, si cerca una soluzione”. Siamo all’avvocato e al cavillo, al ricorso al tribunale perché le vedi quelle righe piccole piccole in fondo alla pagina, ecco, quelle ci danno ragione, al via libera per sfinimento al cavilloso leader al quale ha affidato mal volentieri la sua creatura.
Il Movimento è diventato sta roba qua: Grillo e Conte vanno a cena, escono, Grillo gli fa una battuta (“Ma almeno vuoi iscriverti al Movimento?”), diciotto ore dopo l’ufficio stampa dell’ex premier deve fare una smentita, “Era una battuta, è già iscritto”. Perché tutto ormai è cartuccella e pizzino, codicillo e ricorso, le grandi (?) intuizioni che davano un senso alla scalcinata truppa romana sono solo un ricordo. Già nel 2018 annunciava un passo indietro: “Mi occuperò di visione e di futuro”. La visione non è stata brillantissima, il futuro è fosco e incerto, sul suo blog non si parla più di politica, se non si vuol considerare politica i voli imprevedibili e le ascese velocissime di post di esperti di Bitcoin o i pezzi sui “mattoni per api”, e se non si vuol considerare la propaganda filo-cinese che affiora qua e là.
Il Palazzo non è stato aperto, i 5 stelle sono diventati il tonno, ora si è scoperto che non sono stati inscatolati a norma. E quindi chiamiamo Beppe, che è lui che ha il marchio, portasse i suoi esperti, i faldoni, che risolviamo. Come fosse una stagione di Succession venuta male. Chissà che oggi non pensi che dopo il pilot in effetti si poteva anche chiudere lì e tornarsene tutti a casa.
L’HUFFPOST
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