Tiziano Renzi, la lettera contro la Boschi? Alessandro Sallusti: “Conservata 4 anni. Il sistema-giustizia è marcio”

Alessandro Sallusti

Oggi la Corte Costituzionale si riunisce per decidere l’ammissibilità dei quesiti referendari su giustizia, eutanasia e legalizzazioni delle droghe leggere. Tre temi sui quali la politica e quindi il Parlamento negli anni non hanno saputo o voluto esprimersi creando così un vuoto legislativo che ha permesso scorribande di ogni genere e un caos indescrivibile. Risultato: l’eutanasia è vietata ma di fatto praticata per sentenza o libero arbitrio dei medici, lo spinello è vietato ma anche no, il sistema giustizia continua a comportarsi come un corpo non indipendente quale deve essere bensì estraneo a qualsiasi regola e controllo. In queste ore, risulta, le pressioni dei magistrati sui colleghi della Corte Costituzionale per impedire che la rivoluzione bloccata in parlamento avvenga dal basso è forte. E questo nonostante ogni giorno accadano fatti che renderebbero urgente un giro di vite.
È di ieri, per esempio, la notizia dell’esistenza di una email scritta da Tiziano Renzi al figlio Matteo nel 2017, estratta dal suo computer e allegata all’inchiesta sulla gestione delle società di famiglia portata avanti dalla procura di Firenze con cui l’ex premier ha ingaggiato un duro braccio di ferro. Nella email babbo Renzi esprime giudizi molto duri nei confronti del cerchio magico del figlio, dalla Boschi a Lotti e a Carrai. Nulla quindi che abbia a che fare con l’inchiesta, tantomeno nulla di penalmente rilevante, roba insomma che non avrebbe dovuto essere per nessun motivo acquisita e allegata ad atti giudiziari. E invece i solerti magistrati di Firenze, nel 2018, l’hanno fatta loro, ben conservata per quattro anni e ora data in pasto all’opinione pubblica, guarda caso nel momento in cui Renzi ha scatenato una campagna contro di loro. Ecco, questo è il classico esempio di uso personale e politico della giustizia, in altri termini parliamo di un pizzino spedito per fare più male possibile, fuori dalle aule giudiziarie, a un imputato e alla sua famiglia, che peraltro fino a prova contraria e fino a giudizio finale sono cittadini innocenti.

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