L’aut aut di Draghi: “Adesso o il Parlamento ci segue o dovrete trovarvi un altro esecutivo”
Ilario Lombardo
ROMA. Che il rapporto tra i partiti e Mario Draghi si sia sfibrato lo prova un momento particolare dei quaranta lunghissimi minuti del confronto aspro avuto tra il presidente del Consiglio e i capidelegazione della maggioranza. È Stefano Patuanelli a parlare, altri colleghi lo hanno fatto prima di lui. Il ministro del M5S cerca di trovare una ragione in quello che sta succedendo in Parlamento. Il governo è andato sotto quattro volte nella notte, sul decreto Milleproroghe, altre due volte è successo una settimana fa in fase di conversione del provvedimento che proroga le misure anti-Covid. La maggioranza si è spaccata, le alleanze si sono ricomposte su emendamenti diversi da quelli sostenuti dal governo. Patuanelli dice: «Quando io insisto a chiedere di vedere i testi prima, non lo faccio per capriccio, ma per creare le migliori condizioni possibili ed evitare, in maniera preventiva, che poi in Parlamento succeda questo». La risposta di Draghi è raggelante. Il tono, racconta più di un ministro presente, duro, insolitamente duro per il premier: «A me non interessa fare esercizio di analisi sulle dinamiche parlamentari. Non voglio che succeda e non deve più succedere. Adesso trovate il modo di sistemare alla prima occasione utile i quattro provvedimenti. Questo governo – spiega Draghi – è stato voluto da Mattarella per fare le cose. O riuscite a garantire che i provvedimenti una volta approvati all’unanimità in Consiglio dei ministri passino in Parlamento o il Parlamento si trova un altro governo».
Il premier torna in anticipo da Bruxelles e dopo il vertice straordinario sull’Ucraina lascia al presidente francese Emmanuel Macron il testo da leggere durante il previsto tavolo dei leader europei con l’Unione Africana. Appena atterrato a Roma sale al Quirinale per aggiornare Sergio Mattarella sulla crisi. Sono gesti che, uno dopo l’altro, danno l’idea della gravità della situazione. Subito dopo il confronto con il presidente della Repubblica, convoca i capidelegazione a Palazzo Chigi. Il suo è un ultimatum. Ai consiglieri confida che non si farà logorare dal Parlamento, dall’anno di campagna elettorale dei partiti. Attorno a lui nessuno scommette più sull’impossibilità delle elezioni anticipate. Quello che è successo, dice l’ex presidente della Bce, è «successo già troppe volte» ed è «inaccettabile».
Draghi è a Parigi, per la cena di mercoledì sera con Macron, quando alla Camera gli emendamenti sostenuti dal governo vengono affossati. La coalizione che sostiene l’esecutivo si frantuma in alleanze composite, diverse a seconda del provvedimento, trasversali tra maggioranza e opposizione. Il centrodestra si compatta sul limite al contante, che risale a 2 mila euro, M5S e Pd si ritrovano con Forza Italia e Italia Viva sull’ex Ilva e difendono i soldi destinati alle bonifiche, respingendo così la decisione del governo che assegnava parte dei 575 milioni di euro ai futuri impianti di decarbonizzazione. Sull’aggiornamento delle graduatorie scolastiche invece i grillini votano con Fratelli d’Italia.
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