A Palazzo Chigi cercasi regista politico
Alessandro De Angelis
Houston, a palazzo Chigi c’è un problema con la politica. Perché poi: non è che il Parlamento è il luogo dell’infinita saggezza quando rivota Mattarella, evviva, e diventa un covo di irresponsabili sull’Ilva. Lì, a Taranto si rischiano i forconi sui soldi tolti alle bonifiche ambientali; magari con un po’ di elasticità, parola magica, una soluzione ci sarebbe pure, come si è annunciato, con elasticità, sul contante. Sia come sia, è già scritto il film che verrà. Prevede che il pubblico pentimento di oggi, dopo la strigliata di Draghi, sarà seguito da nuovi peccati, in un anno elettorale, già difficile di suo, reso più complicato da un contesto di crisi e inflazione, perché un conto è litigare con un po’ di spesa pubblica a disposizione, altro sono le vacche magre. Se lo schema è rigidità del timoniere versus voglia di autonomia dei partiti, allora non c’è “tavolo” che tenga: patatrac, nella reciproca accusa di insubordinazione e sordità. Diciamo le cose come stanno, la situazione è complicata: il ministro dei Rapporti col Parlamento è una vedova della stagione precedente, i gruppi sono stressati dalla prospettiva delle elezioni, i ministri politici sono, a conti fatti, meglio dei tecnici ma, spesso, non esprimono la linea del loro partito, da Giorgetti rispetto a Salvini, a Di Maio rispetto a Conte. Insomma, Draghi non può fare tutto da solo: regista, goleador e portiere, sia all’estero, dove gioca e vince facile grazie alla sua forza reputazionale, sia in casa, dove ogni partita fa storia a sé.
Cercasi urgentemente regista politico, per un governo che ha una prevalenza politica sin dalla sua nascita, per scelta, e ancor di più dopo che il premier è finito nel tritacarne quirinalizio: non solo per la sua mancata elezione, ma anche perché è stato costretto a fare le trattative in prima persona, accorciando troppo la distanza di sicurezza, con se stesso come oggetto. Un Gianni Letta dei tempi d’oro, per intenderci, maestro nell’ascolto e nelle smussature o, se preferite, un autentico professionista della politica come Marco Minniti, sottosegretario a palazzo Chigi ai tempi in cui il governo D’Alema bombardava il Kosovo (pensate, Dio non voglia, all’escalation in Ucraina) con una maggioranza che andava da Armando Cossutta, l’ultimo comunista che organizzava i convogli umanitari verso la Serbia, a Francesco Cossiga, l’uomo di Gladio. A proposito di problemi col Parlamento.
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