A Palazzo Chigi cercasi regista politico
C’è poco da fare, c’è tutto un lavorio che è ineludibile, si chiama politica, altro che bandierine, perché poi non tutte le bandierine sono uguali – si è visto proprio sul Colle di chi Draghi si può fidare e di chi no – ci sta anche che siano interessi concreti o passioni reali: avere antenne, sminare, prevenire, mediare prima dell’incidente tenendo il premier a distanza di sicurezza dal fuoco. Evitare cioè che Chigi sia avvertito, dalle forze politiche, come il Palazzo del Marchese del Grillo e che il Parlamento sia vissuto da Draghi come la siepe dietro la quale si annidano i vietcong. Non è il compito dell’ottimo Roberto Garofoli, tra i migliori consiglieri di Stato in circolazione che ha gestito una mole enorme di provvedimenti, uno più insidioso dell’altro, con annessi vagli di costituzionalità e della Corte dei Conti, ed è andato tutto liscio come l’olio. Però qualcosa che cambi l’andazzo serve, anche che riconcili Draghi con la politica dopo il trauma non ancora assorbito, consigliandogli di essere più politico della politica in crisi, piuttosto che l’antiparlamentarismo dall’alto, vecchia tentazione delle élite nostrane. E non sempre fortunata.
LA STAMPA
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