Putin ha inviato l’esercito russo in Ucraina
di Fabrizio Dragosei
Il presidente russo, dopo aver riconosciuto le repubbliche indipendentiste del Donbass, ha ordinato nella serata di lunedì 21 febbraio al suo esercito di entrare nel loro territorio per «garantire la pace»
Il presidente russo Vladimir Putin, dopo aver riconosciuto l’indipendenza dei separatisti del Donbass
, ha ordinato nella serata di lunedì 21 febbraio al suo esercito di entrare nelle Repubbliche separatiste filorusse di Lugansk e di Donetsk «per il mantenimento della pace». Con questa decisione, di fatto, la Russia ha deciso l’invio delle sue truppe all’interno del territorio ucraino: una mossa che l’Occidente ha tentato per settimane di evitare.
Stati Uniti e Unione europea hanno condannato la decisione della Russia e hanno annunciato sanzioni
: il presidente statunitense ha già firmato l’ordine esecutivo che
vieta nuovi investimenti, attività commerciali e finanziarie nel
Donbass.
Nella notte si è tenuta una riunione del Consiglio di sicurezza
dell’Onu: «Rimaniamo aperti alla diplomazia», ha detto l’ambacsiatore
russo alle Nazioni Unite. «Siamo impegnati per la strada diplomatica ma
siamo sulla nostra terra, non abbiamo paura di niente e di nessuno. Non
daremo via niente a nessuno», ha replicato l’embasciatore ucraino
all’Onu. La Cina — in un intervento molto importante — ha chiesto «a
tutte le parti interessate di esercitare moderazione: tutti i Paesi
dovrebbero risolvere le dispute con mezzi pacifici in linea con la carta
delle Nazioni Unite».
Non è chiaro se le truppe di Mosca si limiteranno a entrare nei
territori effettivamente controllati dalle due autoproclamate
repubbliche, o cercheranno di conquistare quelli che le repubbliche
stesse affermano spetti loro di diritto, cioè l’intera regione del
Donbass: in questo secondo caso ci si troverebbe di fronte a una invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia. Qui sotto, la cronaca di Fabrizio Dragosei.
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In diretta tv Putin ha annunciato ieri sera il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk. Subito dopo ha firmato il relativo decreto assieme a due trattati di collaborazione anche militare e nella notte i primi blindati russi sono entrati a Donetsk. Formalmente come forze di pace (addirittura su autobus dipinti di bianco come i mezzi inviati dall’Onu in zone di guerra). E questo perché nel decreto l’intervento russo è previsto esplicitamente. Passi irreversibili che sembrano chiudere la porta ai tentativi di mediazione avviati dai principali leader europei, Macron, Scholtz e lo stesso Draghi. Con l’Ucraina, Paese del quale il presidente russo ha negato la legittimità storica come entità statale, non c’è più dialogo.
Non è ancora guerra ma quasi. Se Kiev reagirà minimamente alla decisione del Cremlino, oltre centocinquantamila uomini equipaggiati con i più moderni sistemi bellici sono pronti a far sentire tutta la loro forza d’urto, ben al di là del Donbass. In ogni caso non è escluso che nuovi incidenti veri o presunti sulla linea del fronte tra indipendentisti del Donbass e regolari possano dare al signore del Cremlino la scusa per far avanzare le sue truppe oltre le linee di demarcazione delle due repubbliche.
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