Ucraina, Vlad il Terribile passa il Rubicone: l’obiettivo è ricostruire l’Urss

Molti insider moscoviti sostengono da tempo che dopo 31 anni dalla fine dell’Urss Putin non riesce ancora a concepire l’indipendenza ucraina, considerandola una colonia strappata dagli Usa, e che vede come sua missione storica quella di ricostruire l’impero di cui era la gemma più preziosa. Una missione alla quale viene subordinata tutta la politica russa. La scena del Consigio di sicurezza russo convocato al Cremlino per discutere il riconoscimento dei separatisti è sintomatica nella sua scenografia surreale: Putin, seduto su un lato di una sontuosa sala circolare, con i suoi collaboratori più stretti sistemati in un semicerchio a una decina di metri di distanza, che si alzavano a turno per andare verso un microfono e dire la loro. Quasi un’interrogazione a scuola, e il nervosismo visibile di quei personaggi potenti e non più giovani rendeva il paragone ancora più evidente. A tutti era evidente che bisognava dire quello che il capo voleva sentirsi dire, il problema era indovinare quanto lontano avrebbe voluto spingersi. La scena del capo dello spionaggio estero Naryshkin che si mette quasi a balbettare, apostrofato gelidamente da Putin, è quasi imbarazzante. Nel dubbio, qualcuno decide di fare il falco – il ministro dell’Interno Kolokoltsev propone di strappare all’Ucraina anche le zone del Donbass non invase dai russi, e il capo della Guardia nazionale Zolotov dice che la frontiera russo-ucraina in realtà confina direttamente con gli Usa, come se l’Ucraina e l’Europa non esistessero nemmeno – e altri scelgono di dare una chance alla diplomazia, «altri due-tre giorni per Biden», una proposta «soft» che stranamente arriva da Nikolay Patrushev, normalmente uno dei più duri del cerchio magico putiniano.

Una passata in rassegna dei fedelissimi, che professano la loro lealtà mentre la borsa russa crolla a picco, impoverendo in media del 15-20% gli oligarchi di Stato, in attesa che le sanzioni internazionali e l’annessione del Donbass vengano pagate da un ulteriore impoverimento dei russi. Ma Putin ha sempre sacrificato i mercati alle ambizioni geopolitiche. Nella sua visione del mondo – esposta ieri senza mezzi termini – la decisione di invadere il Donbass non solo gli ritaglia un posto nella storia, ma lo rende anche il candidato indiscusso a governare la Russia per almeno altri 14 anni. E l’interrogazione dei suoi terrorizzati membri del governo non è solo un modo per decidere chi eventualmente potrà succedergli: è una dimostrazione che nessuno può osare opporsi. 

LA STAMPA

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