La linea rossa di Draghi

Lo stress test parlamentare è una routine con cui Draghi dovrà convivere. Punta a farlo sicuramente fino a giugno. A condizione, sostiene, «che si portino a termine i provvedimenti chiesti a fronte delle risorse date al nostro Paese». Se necessario, è anche pronto a porre la questione fiducia. Lo farebbe – assicurano da Palazzo Chigi – limitatamente alle riforme fondamentali, e solo se i tempi rischieranno di allungarsi. Il premier sente il dovere di mettere al riparo la seconda tranche dei finanziamenti europei, anche con un monitoraggio più serrato dei progetti del Recovery fund. Per il resto, non si fa illusioni su un orizzonte più lungo, oltre giugno, perché le fibrillazioni dei partiti si cumuleranno nei prossimi mesi.

Per questo considera le prossime settimane cruciali. L’uscita progressiva dalle limitazioni anti-Covid e la crisi energetica, alimentata sul fronte ucraino dalle tensioni tra Russia e Occidente, impegneranno il governo, mentre i partiti riprenderanno la battaglia elettorale, prima sui referendum e per le amministrative, poi in vista delle elezioni del 2023. Il premier eviterà altri ultimatum, se non serviranno alla causa del Pnrr. Il punto di domanda, per i leader come per i peones che in Parlamento hanno affossato la sua candidatura al Quirinale, è se lo farà anche a costo di apparire più debole.

LA STAMPA

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