L’idea di Europa che ora è in bilico
Ma se la crisi ucraina sta mettendo a repentaglio l’assetto geopolitico su cui si fonda da trent’anni il progetto dell’Unione, presto metterà alla prova anche la sua compattezza e unità. Putin ha nelle mani il rubinetto del gas, fonte da cui l’Italia — tanto per fare un nome — è «totalmente dipendente», parola del ministro Cingolani. E la cosa straordinaria, che la dice lunga sulla lungimiranza e l’autonomia delle classi dirigenti europee, è che dal 2014, anno dell’invasione della Crimea, l’Europa ha accresciuto, non ridotto, la sua dipendenza energetica dalla Russia. Hanno messo la testa nella bocca dell’orso, ricevendone non di rado pacche sulle spalle, consulenze e prebende, e qualche finanziamento ai partiti sovranisti. Non sarà facile ora per questi stessi leader spiegare alle loro opinioni pubbliche che dovranno pagare un prezzo, in bolletta e in esportazioni, al programma di sanzioni contro Mosca. Se nel 1939 gli europei si domandavano se valesse la pena «morire per Danzica», oggi non sembrano disposti nemmeno a un weekend di austerity per Kiev.
Ecco perché lo scatto di orgoglio, dignità, volontà politica e spirito unitario, cui sono chiamati oggi i capi di governo è davvero vitale per l’idea stessa di Europa. Inesistente militarmente, divisa politicamente, ricattabile economicamente, nel giro di pochi giorni l’Unione rischia altrimenti di perdere anche quello che è stato finora il suo massimo merito storico: aver messo fine alle guerre sul continente.
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