Dittatura sanitaria, la grande bufala

Annalisa Cuzzocrea

Non c’è nessuna dittatura sanitaria. Nessun complotto dei poteri forti uniti – tutti – per tenerci sotto il giogo del Super Green Pass, di Big Pharma, dei controlli alle frontiere o alle stazioni, al cinema o al ristorante. Quella che abbiamo affrontato in questi due anni si chiama emergenza sanitaria, anzi, emergenza pandemica. E come tutte le emergenze ha una caratteristica precisa: a un certo punto finisce.

A quella destra che adesso tuona sguaiata dai suoi cartelloni social: “Abbiamo vinto, è tutto merito nostro!”, va ricordato che il premier in carica – come chi l’ha preceduto – ha detto fin da subito che ogni decisione sul Covid sarebbe stata presa in base ai numeri e alla loro evidenza. E’ stato per via delle troppe vittime e della saturazione degli ospedali che è stato deciso di estendere l’obbligo del Green Pass ai lavoratori, perché le percentuali delle vaccinazioni in quel momento non garantivano alcuna tranquillità né a chi rischiava in prima persona né alle strutture sanitarie troppo spesso sul punto del collasso. E sempre in base ai dati, è stata decisa l’uscita graduale dalla didattica a distanza in tutte le scuole, anche con casi di positivi in classe, contro chi diceva – durante le vacanze di Natale – “è troppo pericoloso, non si può fare, teniamo gli istituti chiusi qualche settimana in più”.

Ogni stretta e ogni allentamento sono arrivati per dei motivi precisi e non può che essere così anche adesso: le percentuali dei nuovi contagi e delle vaccinazioni ci dicono, finalmente, che possiamo mollare la presa. Come stanno facendo le altre democrazie europee, la Gran Bretagna più rapidamente. Ma come sempre rischiando di più di quanto ha voluto fare il nostro Paese. Che forse a volte ha peccato di poca semplicità, aggiungendo norme su norme e cambiando decisioni poco dopo averle prese, ma sempre con un occhio alla curva pandemica.

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