Panico nelle Borse europee: distrutti 331 miliardi. Sono anche i nostri risparmi
Panico. Fuga. Macerie. Lo «shock and wave» di Putin ha colpito e terrorizzato ieri anche i mercati finanziari, in una giornata nerissima, flagellata dall’esodo disordinato degli investitori e dall’esplodere dei prezzi di petrolio e gas. A lungo temuto, lo scenario peggiore è diventato una realtà con cui si dovrà fare i conti forse a lungo. Questa volta nessuno, fidandosi del vecchio adagio, se l’è sentita di «comprare al suono del cannone». Meglio vendere. Scappare. Anche dal falso safe-heaven dei Bitcoin (-9% in 24 ore). Meglio scavare trincee cercando rifugio nell’oro (1.970 dollari l’oncia, un guadagno di quasi il 10% da inizio febbraio) e allontanarsi dalle azioni. Dopo una picchiata fino a -5%, Milano ha chiuso con un ribasso del 4,1% che vale 23 miliardi di euro di capitalizzazione in meno rispetto ai 331 bruciati dai listini europei (-3,2%). Molto peggio è andata a Mosca, dove l’invasione dell’Ucraina è costata alla Borsa un collasso del 30%. Wall Street, invece, ha limitato i danni (-1,9% a un’ora dalla chiusura).
Così, la guerra è entrata nelle case e nei portafogli di tutti. È un dato di fatto, nessuno si senta escluso. Perché i mercati finanziari non sono più un club esclusivo per ricchi, tipo il milione e mezzo di italiani con un patrimonio finanziario superiore ai 500mila euro. E non sono neanche la roulette pazza d’inizio millennio, ai tempi della bolla della new economy, quando gli italiani avevano puntato su Piazza Affari una fiche da 206 miliardi. Il quadro è cambiato. Ce lo ricorda Bankitalia con un dato: nel 2020 la ricchezza finanziaria delle famiglie ammontava a 4.777 miliardi, una cifra di due volte e mezzo superiore al Pil. Una montagna di quattrini composta non solo dagli investimenti diretti effettuati sui mercati, ma anche e soprattutto dai risparmi finiti nei fondi comuni, dal Tfr utilizzato come secondo pilastro previdenziale e dalla piccole gestioni di patrimonio.
Se da un lato l’immobilismo in tempi di inflazione rampante è un lusso che pochi si possono concedere, dall’altro l’esposizione finanziaria ha sempre un’alea di rischio. E questo rischio è destinato a non ridursi nel giro di pochi giorni. I pericoli arrivano da più versanti, a cominciare dai costi del greggio, che ieri ha scavalcato i 100 dollari il barile, e dal metano, le cui quotazioni sono schizzate del 57%. Valori che riflettono le preoccupazioni di uno stop delle forniture russe senza che vi sia un’adeguata compensazione, né la possibilità di una ricostituzione delle scorte durante l’estate.
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