L’Italia rischia di rimanere senza gas per la guerra tra Ucraina e Russia?
di Stefano Agnoli e Federico Fubini
Proprio mentre ci chiediamo se la Russia ci taglierà il gas e se l’Italia e l’Europa possano farne a meno, Mosca almeno per ora inverte la rotta: a Tarvisio (Friuli Venezia Giulia), dove sbocca il gasdotto siberiano che attraversa l’Ucraina, da giovedì sono arrivate quantità straordinariamente abbondanti rispetto al resto della stagione. Ieri 68 milioni di metri cubi, quasi tre volte il gas arrivato persino il giorno prima dell’invasione dell’Ucraina.
In questi primi momenti di guerra è difficile credere che le ragioni della svolta siano solo tecniche. Giovedì il gasdotto che da Russia, Ucraina, Slovacchia e Austria arriva nel Nordest ha registrato volumi in crescita del 40%. Ma gli aumenti di questi giorni seguono una scelta strategica di Gazprom, il monopolio pubblico di Mosca, di razionare a lungo le forniture in modo da tenere i prezzi elevati generando insicurezza economica in Europa. Il Corriere ha documentato (l’8 febbraio) come le forniture sulla rotta ucraina in gennaio siano state di circa la metà rispetto a dicembre e del 75% circa sotto le medie dei mesi invernali degli ultimi anni. Vladimir Milov, viceministro dell’Energia durante il primo mandato di Vladimir Putin al Cremlino, ha dimostrato dati alla mano come il razionamento sia frutto di una decisione di Mosca. «Ci sono prove crescenti che Gazprom è stata coinvolta nel prevenire la consegna di volumi significativi di gas al mercato europeo» scrive Mirov, che oggi sostiene il leader (incarcerato) dell’opposizione Alexei Navalny.
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La mappa del gas che arriva in Italia
Resta da capire cosa accadrà adesso, soprattutto se l’Unione europea decidesse altre sanzioni contro la Russia. Qualora Bruxelles escludesse le banche russe dai sistemi di pagamento in euro (con il necessario assenso dell’Italia), Mosca potrebbe varare ritorsioni. Potrebbe tagliare le forniture di gas e petrolio, che per l’Italia rappresentano rispettivamente il 43% e il 10% dell’import di materia prima. Si tratta di capire in che misura il Paese sia in grado di sostenere uno choc del genere.
La questione è allo studio del ministero della Transizione ecologica che due giorni fa, in via prudenziale, ha imposto a tutti gli operatori nazionali di aumentare al massimo le importazioni. Da ieri è raddoppiato il tiraggio dei gasdotti che arrivano in Italia da almeno cinque direzioni (oltre la Russia da Nord Europa, Libia, Algeria e Azerbaigian). Senza aspettare la fine dell’inverno le autorità hanno varato un avvio anticipato del riempimento delle riserve, che oggi sono al 30%: un livello tutt’altro che elevato (erano al 90% in autunno), ma superiore a quelli tipici di questa stagione. Questi cosiddetti «stoccaggi» di solito vengono ricostituiti in estate pompando gas nei vecchi giacimenti esauriti, in modo da avere scorte per l’inverno successivo.
Mentre ieri il premier Draghi parlava alle Camere, si è tenuta a Roma una riunione del Comitato di emergenza gas. Si tratta di un organismo che riunisce rappresentanti del ministero della Transizione ecologica, delle aziende e delle autorità di mercato. La situazione è tecnicamente di «pre-allarme», una designazione del governo che implica un monitoraggio costante senza però misure al di fuori della normalità. Le forniture e le riserve oggi sono superiori a quelle di una settimana fa. Anche nell’ipotesi del tutto improbabile che tutte le forniture verso l’Italia si interrompessero di colpo – non solo quelle di Mosca – il Paese avrebbe una completa autosufficienza di sei settimane di importazione per il gas e di 90 giorni di importazione per il petrolio. In ogni caso non sembra difficile rimpiazzare l’apporto di greggio della Russia.
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