Kiev può cambiare l’identità di Lega e Fdi
di Stefano Folli
Suscita qualche sorriso lo sforzo messo in campo da Matteo Salvini per ricostruirsi un’immagine in politica estera dopo l’invasione russa. Il video di lui che si fa il segno della croce davanti al portone chiuso della rappresentanza diplomatica ucraina in Italia ha il sapore dell’espediente un po’ troppo affrettato per essere credibile: qualcosa da realizzare subito, prima che Putin arrivi a Kiev e sia troppo tardi per prenderne le distanze. Purtroppo per il leader della Lega il passato non passa quando gli anni recenti sono costellati di tweet e anche di filmati televisivi in cui il presidente russo era esaltato come straordinario statista e si invocava persino l’uscita dell’Italia dalla Nato per non irritarlo.
Vero che la coerenza in politica è merce rara e forse non è nemmeno la
maggiore virtù, ma l’abilità consiste appunto nel mascherare ciò che
coerente non è, diluendolo in un progressivo mutare delle idee. Salvini
invece è stato preso alla sprovvista dagli eventi e si è precipitato a
infilarsi da un giorno all’altro la camicia atlantista, quando è noto
che anche la sua visita negli Stati Uniti da ministro dell’Interno, nel
2019, fu un fallimento proprio a causa dei suoi rapporti opachi con
Mosca. Non stupisce allora che ieri il suo intervento in Senato a
supporto della linea Draghi sia apparso goffo e con passaggi
sorprendenti: come quando ha persino rimproverato all’Unione europea di
non essersi accorta per tempo delle minacce incombenti sull’Ucraina.
Come sempre, peraltro, le maggiori preoccupazioni di Salvini sono
tattiche: non farsi scavalcare da Fratelli d’Italia, garantirsi che in
politica estera tutto il Parlamento si riconosca in un’unica mozione:
dunque le forze di maggioranza ma anche l’opposizione.
Si vedrà. Intanto però Giorgia Meloni è stata ancora una volta più
rapida di riflessi. Mentre il capo leghista tentava di districarsi dal
retaggio “putinista”, lei era negli Stati Uniti a una riunione di
repubblicani americani e vari personaggi europei. Un mondo conservatore
piuttosto articolato, presente anche Trump appena reduce dalla gaffe su
“Putin, un genio”. E tuttavia trovarsi su quella sponda dell’Atlantico
nei giorni caldi dell’Ucraina, permette alla Meloni di mettere una certa
distanza tra le proprie ambizioni e il “sovranismo” europeo che flirta
con gli autocrati, da Orbàn al russo. La strada da percorrere è lunga,
ma la guerra in Ucraina oggi diventa uno spartiacque. Se è vero che
l’obiettivo di Putin consiste nel dimostrare il declino inesorabile
delle democrazie liberali, per cui l’attacco all’Ucraina è solo il primo
passo di un disegno globale, nutrito di odio verso l’Occidente e i suoi
valori, è chiaro che le destre nazionaliste e non liberali devono
ripensare se stesse. Si parla dei gruppi che hanno guardato alle
esperienze dell’Est come a una valida alternativa al sistema
euro-atlantico, descritto come ormai anacronistico e superato dalla
Storia.
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