Madre Russia, semi dell’odio e nuovi doveri a Occidente
Ha ragione da vendere, il presidente Volodymir Zelensky, l’Attor Comico già trasfigurato in eroe della Resistenza ucraina. Quando le bombe cadono a Kiev, questo succede anche in Europa. Quando i missili uccidono il suo popolo, è la morte di tutti gli europei. Quando chiede protezione all’Europa, lo fa anche perché il suo Paese è una giovane democrazia che rischia di soffocare nell’abbraccio mortale della Madre Russia. E ha ancora più ragione quando si chiede: l’Europa ha la forza sufficiente per fermare questa aggressione? E cosa aspettarsi ancora dagli Stati europei? L’annullamento dei visti per i russi? Il taglio del circuito finanziario Swift? Il completo isolamento della Russia? Il richiamo degli ambasciatori? L’embargo petrolifero? La chiusura dei cieli?
Sono le stesse domande che ci facciamo noi. Mentre assistiamo sgomenti a questo nuovo tramonto della civiltà occidentale. Mentre osserviamo la capitale-fantasma, dove gli umani vagano come le “anime morte” di Gogol, ucraino anche lui, i missili Grad devastano i palazzi e i tank travolgono le auto. In superficie la follia della guerra distribuisce morte e dolore. Nel sottosuolo, come nei racconti di Dostoevskij, la vita continua, resiste, vuole vivere. Ma non basta che da una stazione della metropolitana trasformata in rifugio arrivi il pianto di una bimba appena nata, e che qualcuno dica “chiamiamola Mir”, che significa pace. La pace non c’è. La pace è lontana. Putin non la vuole, benché isolato e forse disperato persegue il suo disegno imperiale e a questo punto criminale, che il consigliere per la politica estera del Cremlino Dmitrij Suslov descrive così: la pazienza russa è finita.
«L’Occidente per cecità o per scelta ha ignorato le nostre preoccupazioni”, ora si entra in una nuova realtà geopolitica, «non si tratta di ricostruire l’Urss ma di ristabilire l’unione dei tre Paesi slavi», il dopo Guerra Fredda è finito e «se non siamo a una nuova Cortina di ferro poco ci manca, ci considereremo di nuovo nemici». Questo è quanto. Ed è un’enormità.
L’America e l’Europa la pace la vorrebbero. Ma non trovano strumenti per imporla. Non sappiamo e non vogliamo opporre alla forza bruta post-sovietica una forza ancora più grande. Restiamo impantanati in quella che Domenico Quirico chiama la via malsicura e ipocrita delle parole, che spesso è solo “smercio da bottegai dell’umanesimo”. Il dibattito sulle sanzioni, che solca l’Atlantico da Washington a Bruxelles, certifica la nostra difficoltà. Più che Società delle nazioni, siamo una grande Società per azioni, dove gli interessi economici sovrastano i principi etici. Discutiamo da giorni sull’eventualità di tagliare fuori la Russia dall’accordo finanziario denominato “Swift”. Viene considerata la vera “arma atomica” per piegare l’Autocrate. Qualcuno sostiene che è ancora presto per usarla: e qui io mi chiedo, “presto” rispetto a cosa, visto che la guerra è già scoppiata e il massacro dei civili è già cominciato? Qualcun altro osserva che quest’arma-fine-di-mondo farà male più a noi che a Putin: e qui fa fede la sconfortante realpolitik del ministro del Tesoro Daniele Franco, che dice: «Se escludiamo la Russia da Swift l’Italia non è più in condizione di pagare il gas». Dunque, di cosa parliamo? E come fa il premier Draghi, giustamente ansioso di ricucire lo strappo con Zelensky consumato proprio a causa delle nostre titubanze su “Swift”, a garantirgli adesso che il governo italiano sostiene con forza la “cacciata” di Mosca dai circuiti bancari? Siamo pronti a spegnere la luce e i termosifoni, e a sopportare la decrescita infelice delle domeniche a piedi e dell’austerity? Sarebbe l’edificante “alternativa dell’angelo” di cui scrive Vito Mancuso, che tra lo spirito di Monaco e lo spirito di Marte sceglie un’altra strada, quella di chi è pronto ad accettare sacrifici individuali e collettivi, in nome della giustizia, della libertà, della democrazia. Avremo meno gas e staremo al freddo? Vorrà dire che staremo a casa “con due maglioni e i mutandoni di lana”. Nulla è gratis, nella vita come nella Storia.
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