Eppure in Russia un movimento anti-Putin e anti-guerra sta crescendo

“Cari amici ucraini,

non saprei neanche nominare qui tutti coloro cui sono legata da un’antica amicizia e una lunga collaborazione. E cari anche tutti gli altri che non ho mai conosciuto,

sappiate che io vi auguro di tutto cuore una piena autonomia, la piena libertà di scegliere il vostro futuro, e la libertà dalla terribile minaccia che proviene dai vostri vicini, cioè da noi.

È triste dire «noi» in questo frangente.

Io aborro i piani e i propositi che le autorità non condividono con noi né hanno discusso con noi, e che hanno come esito la possibilità di espandere le azioni belliche in terra ucraina.

Come molti, moltissimi di noi, considero questi propositi un delirio e un crimine. La vergogna del nostro paese”.

Per capire la pressione del potere su queste persone basta un esempio, spiega Dell’Asta: “giovedì, all’alba delle prime manifestazioni contro la guerra, due persone che si sono identificate come due poliziotti si sono presentate a casa di Olga Sedakova per assicurarsi che fosse nella sua abitazione e non stesse partecipando alle proteste. Hanno preteso anche di fotografarla per poter dare conto che il controllo fosse avvenuto. Questo ci dà l’idea della situazione, del coraggio che ci vuole per prendere posizioni alternative, ma anche del fatto che queste posizioni alternative ci sono. Lo vediamo dalle manifestazioni e dalle persone che postano su Facebook le proprie fotografie con dei cartelli molto duri, senza il timore di essere identificati”.

Secondo il docente, c’è un aspetto importante da sottolineare: “queste manifestazioni di opposizione hanno un carattere evidentemente ed esplicitamente morale. Come ai vecchi tempi del dissenso, negli anni Sessanta e Settanta, una opposizione non politica, ma innanzitutto morale: noi non vogliamo avere la responsabilità di quello che sta avvenendo, rifiutiamo di dare il nostro appoggio a questo crimine. La questione di un’opposizione politica in questo caso è secondaria: siamo di fronte a un sussulto morale”.

Lo stesso sussulto morale che si è visto, in tempi recenti, con la mobilitazione a sostegno di Alexei Navalny. “Anche sulla questione di Navalny abbiamo visto sollevarsi un movimento morale”, osserva Dell’Asta. “Le posizioni politiche di Navalny si possono condividere o meno; dopo tutto quello che gli è capitato – l’avvelenamento, l’arresto, la detenzione arbitraria – anche chi non condivideva o aveva dubbi sulle sue posizioni ha formulato una solidarietà senza discussione basata su principi di moralità e non violenza. Sono questioni che possono sembrare sottili, ma sono sostanziali. Questo dissenso incentrato sulla non violenza ha la sua origine, la sua causa, nella scelta di uscire dal sistema sovietico in maniera non violenta, dopo settant’anni di regime. Queste cose creano atmosfera: come crea atmosfera la paura, così crea un’atmosfera diversa – chiaramente più costruttiva – il senso di responsabilità morale”.

A suggerire un cambiamento di clima sono anche i numeri. Alcuni recenti rilevamenti statistici fatti da istituti di ricerca specializzati indicano un calo nell’appoggio alla politica governativa. In questi giorni sono usciti due rilevamenti attendibili: uno del centro Levada (indipendente), l’altro VCIOM (statale). Se quest’ultimo dava un gradimento della politica aggressiva attorno al 70-75% (comunque molto più basso rispetto all’80-90% del passato), l’altro riportava un’approvazione attorno al 40-45% (il che significa che la maggioranza della popolazione è contraria). “Entrambe le percentuali – commenta Dell’Asta – sono indicative di un atteggiamento della gente che non è bellicista. È molto importante da sottolineare perché altrimenti si ha l’immagine di una Russia tutta aggressiva che vuole cambiare il mondo a modo suo”.

Non è una questione che riguarda solo gli intellettuali. Secondo l’esperto, “un movimento pacifista in Russia esiste da tempo. La gente rifiuta la violenza, fa parte dell’atteggiamento normale delle persone laddove non sono sovrastate o deviate da una propaganda a senso unico. Il rapporto tra i popoli russi e ucraini non è quello che ci viene presentato in una sorta di giustificazione in ogni caso inaccettabile. Questa guerra è un dramma enorme anche per i russi che saranno visti con sospetto e inamicizia dai loro stessi fratelli”.

Lo ha detto chiaramente il metropolita di Kiev Onufrij, esponente del Patriarcato di Mosca, nel suo drammatico e coraggioso appello del 24 febbraio: “Difendendo fino all’ultimo la sovranità e l’integrità dell’Ucraina, ci appelliamo al presidente della Russia perché cessi immediatamente questa guerra fratricida. Il popolo ucraino e il popolo russo sono usciti dal fonte battesimale del Dnepr, e una guerra fra questi popoli significa riprodurre il peccato di Caino, che per invidia uccise suo fratello. Questa guerra non ha giustificazioni né presso Dio, né presso gli uomini”. Sono in molti, moltissimi, a pensarla così, da entrambi i lati del confine.

(ansa )

L’HUFFPOST

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