La delibera del Cdm: stato di emergenza
Ilario Lombardo
ROMA. Mario Draghi porta incisa sul volto la gravità del momento. I ministri che lo osservano mentre parla a Palazzo Chigi lo descrivono emotivamente provato. La storia che irrompe nel Consiglio dei ministri è anche questo. È il peso della responsabilità enorme delle decisioni che fino a ieri sembravano irreversibili. Armare un popolo che si difende dalle bombe, riaprire le centrali a carbone per garantirsi una sopravvivenza energetica. Draghi cerca però di non aggiungere ulteriori tonalità drammatiche quando espone i fatti ai ministri convocati per votare un decreto di emergenza a soli tre giorni dall’ultimo. Nessuna volontà bellicosa, spiega, dietro la decisione di inviare missili e mezzi agli ucraini: «L’obiettivo che abbiamo tutti come Europa è trovare una via d’uscita e di farlo il prima possibile». La storia ha avuto una sua svolta improvvisa, dice Draghi, «siamo di fronte a qualcosa di inedito» che costringe tutti a fare i conti con una nuova era e con nuovi paradigmi. Tenere aperto il più possibile il dialogo con Vladimir Putin non ha portato a nulla: «Purtroppo non ci sono condizioni per trattare e fare progressi in altro modo».
Draghi insiste sulla «compattezza», come valore dell’Europa, della Nato, del G7, ringrazia i ministri per la solidarietà mostrata da tutti, e i partiti per la disponibilità che hanno dato in queste ore. Dopo aver sentito il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, chiama al telefono anche il segretario del Pd Enrico Letta, il presidente del M5S Giuseppe Conte, il leader della Lega Matteo Salvini. Il decreto viene votato all’unanimità e prevede tre punti: sull’invio delle armi, sugli approvvigionamenti energetici, per rendersi più indipendenti dal gas russo, sulla dichiarazione dello stato di emergenza fino al 31 dicembre. Quest’ultimo non va confuso con quello per la pandemia in scadenza il 31 marzo: servirà a predisporre tutto il necessario per la Protezione civile che ha il compito di gestire l’arrivo dei profughi e la rete dell’accoglienza. Secondo i calcoli del governo in Italia ne dovrebbero arrivare 500 mila, su 7-8 milioni previsti nell’Ue.
Oggi Draghi sarà in Parlamento e spiegherà con ancora più convinzione i motivi delle scelte. La risoluzione che verrà messa ai voti darà mandato al governo di procedere con le misure adottate. All’Ucraina verranno forniti missili antiaerei, Spike anticarro, mitragliatrici, munizioni. Sarà la Nato a occuparsi del ponte aereo e della logistica per trasferire tutto il materiale al confine, dove saranno ritirati dalle autorità di Kiev. Sulla fornitura di armi «non c’è alcuna contraddizione con la Costituzione», ha spiegato ieri Draghi e spiegherà oggi in Aula: perché l’articolo 11 ripudia la guerra come «strumento di offesa». Qui si tratta di aiutare un intero popolo a difendersi dal massacro ordinato da Putin, alla frontiera Est dell’Europa.
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