L’equilibrismo interessato di Pechino. Difesa degli affari e un occhio a Taiwan

L’interesse cinese a tutelare la Russia non è solo una questione di cortesia fra superpotenze che non si pestano i piedi. Ieri Mosca ha strappato la Crimea all’Ucraina in barba al Memorandum di Budapest del 1994 con cui si era impegnata a garantire l’integrità territoriale dell’Ucraina che in cambio cedeva alla Russia tutte le armi nucleari ex sovietiche presenti sul suo territorio. Domani Pechino potrebbe essere tentata di fare lo stesso con Taiwan. Riportata sotto controllo in anni recenti l’ex colonia britannica di Hong Kong, la Cina vive l’indipendenza di Taiwan come una spina nel fianco. Chiudere un occhio oggi sull’Ucraina può significare ottenere un lasciapassare russo per la futura reconquista della riottosa isola di Formosa. Da cui l’equilibrismo di una Pechino che non condanna l’azione russa ma invita le parti «alla moderazione», che si astiene all’Onu quando il Consiglio cerca di condannare la Russia, e che spiega di comprendere il turbamento di Mosca per l’espansione della Nato. Fedeli alla tradizione di un sistema capitalista inquadrato in un regime comunista, i dirigenti cinesi non intendono però perdere soldi a causa di una guerra altrui. Ecco perché, riporta Bloomberg, i colossi bancari Icbc e Bank of China starebbero restringendo i finanziamenti per l’acquisto di materie prime dalla Russia per timore delle sanzioni occidentali. Si tratterebbe di una misura temporanea per evitare che gli Usa blocchino l’acceso delle due banche al dollaro.

IL GIORNALE

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