La guerra rinsalda il governo e i partiti giocano al carnevale
Le donne hanno una marcia in più. Vuoi mettere con Giorgia – è sveglia la ragazza – che è volata in America per far capire da che parte sta, confidando che da quelle parti mica l’hanno tradotta pagina 305 del suo libro: “La Russia è parte del nostro sistema di valori europei, difende l’identità cristiana e combatte il fondamentalismo islamico”. Per l’occasione ha pure zittito l’assessore regionale di Fratelli d’Italia che nel 2016 ha aperto a Torino l’unica rappresentanza del Donbass esistente in Europa, con l’obiettivo di instaurare rapporti economici.
Vabbè, andiamo al punto: è ripresa la recita a soggetto, perché la politica italiana ha ritrovato un “diversivo”, alla larga dai nodi veri, vai a trovare qualcuno che fa un discorso serio sui punti di Pil cui rinunciare per la libertà, loro e nostra. È chiaro, mica si vota: tra gli effetti del rovesciamento del mondo c’è che il governo non è in discussione, né ora né quando sarà finita la fase militare della crisi. La guerra di Putin ha raso al suolo tutte le velleità elettorali del prima, i calcoli e le ambizioni. È la causa di forza maggiore che tiene tutti assieme, vuoi mettere senza la guerra quanto sarebbe stato difficile.
E dunque, liberi tutti di sparare parole. Delle questioni vere si occupa Draghi, e Dio solo sa quanto è complicato pure per lui mentre attorno è ripartito un ballo con vecchie pose. Compresa la sinistra dei “però” che per l’occasione quasi rispolvera la teoria del “compagno che sbaglia”. Leggetelo il comunicato dell’Anpi, per un terzo dedicato alla condanna dell’accaduto e per due terzi alle responsabilità dell’America. Pare “yankee go home”: “Biden deve cessare le clamorose “ingerenze in Ucraina”. Ecco. Titolo: “Contro ogni potere della guerra e contro ogni imperialismo”, e ci risiamo al pacifismo da anni Cinquanta, a conferma di quanto siano spessi i grumi culturali di una certa destra populista e certa sinistra vetero-comunista. Il sentirsi in parte estranei all’Occidente liberale. Il “mi appartiene ma fino a un certo punto”. E menomale che D’Alema ha criticato il “crimine” senza appello, perché sugli americani, pure lui, mica male. Eccezione: il segretario del Pd Enrico Letta che sarà pure mite, ma ha tenuto la barra dritta su torti, ragioni, posta in gioco, eccetera.
Toccherà prima o poi a Draghi sopperire a questa fragilità di una piccola Italia, che si adegua a ciò che va fatto, ma segue sempre e non anticipa mai: dice sì all’esclusione parziale della Russia dal sistema Swift dopo che la Germania dice sì, manda le armi dopo le che le mandano i tedeschi, e così via. E magari dando un’anima alla politica estera, anche per non ritrovarsi incasinato in una discussione solo cui conti della crisi internazionale, come se fossero i balneari o la riforma fiscale. Perché dopo il carnevale c’è sempre una quaresima.
L’HUFFPOST
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