Il Putin atomico è un leader solo, pericoloso ma anche vulnerabile

Il passato ritorna e, quando la notte dell’invasione in Ucraina il presidente russo Vladimir Vladimirovic Putin ha minacciato di usare contro Stati Uniti ed Europa “strumenti di orrore mai impiegati contro di voi nella vostra storia”, le memorie dell’era nucleare, che ritenevamo tramontate, son riapparse fosche. A mezzo secolo esatto dallo storico viaggio del presidente americano Richard Nixon in Cina, nell’incontro con Mao, dopo gli abbracci e le strette di mano fra Ronald Reagan, George W. H. Bush e Mikhail Gorbaciov e Boris Eltsin, dopo che George W. Bush aveva assicurato di “aver guardato nell’anima di Putin”, trovandola positiva, e Barack Obama aveva incaricato la sua Segretaria di Stato Hillary Clinton di “far ripartir bene” la relazione con Putin, regalandogli perfino un pulsante da gioco, che ci si ritrovasse al “Мы вас похороним!” di Kruscev, “vi seppelliremo”, subito echeggiato dallo sgherro del Cremlino, il dittatore bielorusso Lukashenka, angoscia europei e americani.

In viaggio tra New York, Princeton, Washington, Roma e il Sud d’Italia, nei giorni che hanno preceduto e seguito il blitz di Putin a Kiev, ho colto ovunque uno di quei rari momenti in cui la gente comune comprende che la Storia si è rimessa in cammino. Per me, che da cronista ho condiviso le speranze del disgelo Est-Ovest dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, presente, taccuino in mano, agli incontri Reagan-Bush—Clinton-Gorbaciov-Eltsin-Obama-Putin, è stato riprovare l’ansia che mio padre, giornalista a sua volta, aveva conosciuto durante la crisi di Cuba: “Andavo in redazione pensando: rivedrò la famiglia?”. Che la guerra 2022 scoppiasse non avevo dubbi, solo le anime belle o i sodali di Putin potevano assumere che avesse portato 190.000 soldati in prima linea per una scampagnata di precoce primavera, ma che la Russia e i suoi alleati ci riportassero al duello atomico è stata una sorpresa.

Chi ha parlato con il leader russo di recente, il cancelliere tedesco Olaf Scholz o il presidente francese Emmanuel Macron, è rimasto impressionato, lo confermano fonti diplomatiche di Washington a HuffPost, nel ritrovarlo paranoico, isolato, con una infantile, quasi comica, paura del virus Covid, il grottesco tavolone ovale per tenere a distanza gli interlocutori, e la quarantena imposta anche ai siloviki, le spie arricchite che lo circondano, o perfino al vassallo Sergey Lavrov, il ministro degli Esteri. Solo, cupo, persuaso che l’Occidente abbia accerchiato la vecchia Urss con la Nato e l’Ue, disposto a impedire che il successo della democrazia a Kiev induca nei moscoviti un desiderio di imitazione, inorgoglito per averla fatta franca, con sanzioni piuma e la debolezza di Obama nelle stragi in Cecenia, Georgia, Siria, Donbass e Crimea, consapevole che la destra populista Usa, dall’ex presidente Donald Trump, che lo considera “un genio”, al conduttore tv Tucker Carlson, che ne esalta la forza, contrapposta alla debolezza dell’anziano presidente Joe Biden, non lo avversa per nulla, Putin sa di dover rilanciare la posta o gettare le carte, se tituba è spacciato.

Vladimir Putin compirà 70 anni il 7 ottobre, età in cui un uomo, ancora energico, al potere di un grande paese da quasi un quarto di secolo, è, per forza di cose, chiamato ai bilanci della vita. Come capita sempre ai dittatori, anche quelli che aspergono il regime con uno spruzzo di elezioni senza dibattito e accesso ai media liberi, Putin ha finito per identificarsi con la Russia, sentirsene il solo interprete della storia millenaria, criticando altezzoso Eltsin, Gorbaciov, Breznev, Lenin, gli Zar, quasi che lui, e solo lui, possa difendere Santa Madre Russia, e infatti la Chiesa Ortodossa si è subito precipitata a battezzarne la guerra contro gli storici fratelli, gli ortodossi di Kiev.

Se queste voci son corrette, il pericolo è vivo, un autocrate senza controllo con il dito sul pulsante atomico rinnova la stessa angoscia che provammo quando Trump aveva in mano il “football”, valigetta con i comandi nucleari, e proprio qui, su HuffPost, raccontai come nessuno possa fermare un presidente Usa, Commander in Chief delle forze armate, dall’impartire l’ordine di fuoco a silos e sommergibili atomici.

La settimana passata ha, per sempre, cancellato la sicurezza Est-Ovest e il mondo europeo che conoscevamo. Chi si ostina a invocare “ma quando si parla di pace?”, mentre è in corso una guerra unilaterale e senza provocazioni, chi, con petulante ignoranza o complice malizia, ricorda promesse mai fatte da Reagan, Bush padre o Clinton sulla “Nato lontana dall’Est”, al massimo desiderio comprensibile, ma ingenuo, del segretario Gorbaciov o chi infine, come Barbara Spinelli e Marco Travaglio, sponsor l’ambasciata russa a Roma, addossa le stragi a Kiev all’imperialismo Usa-Ue, facilita il compito a Putin e aumenta le sofferenze ai civili ucraini.

La guerra potrebbe finire durante la prossima Quaresima, o prolungarsi, visto che i generali di Putin non hanno ancora catturato una sola grande città, gli ucraini si battono a morte e con ordine, arrivano, oltre le sanzioni, armi europee e il Cremlino vede la Germania riarmarsi e gli occidentali, perfino parrebbe la Svizzera, partecipare a sanzioni dure, vedi accordi bancari Swift, mentre la Nato torna cruciale e solidale, il rublo cade del 28% e il tasso di interesse russo raddoppia al 20%. Se quello di Putin era un bluff, come qualcuno ipotizzava maldestro, l’Occidente lo ha “visto” e ha rilanciato. Se era, dopo Cecenia, Georgia, Donbass, Crimea e Siria, un nuovo passo del suo domino di sangue, potrebbe essere l’ultimo. E se le sanzioni, stavolta serie, costassero patrimonio e potere ai suoi sodali, davvero Putin si scoprirebbe leader solo, e dunque molto pericoloso ma anche molto vulnerabile.

L’HUFFPOST

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