Sergei Shoigu, fedelissimo di Putin: chi è il ministro della Difesa con uno dei tre codici per l’atomica
Talmente fedele da essere falco, più falco dello zar, quando Putin la pensa così (cioè adesso); ma anche pronto a diventare fervente colomba se il patron cambiasse idea.
Nella riunione del Consiglio di Sicurezza di una settimana fa, tutti gli altri si sono limitati a dire che, certo, erano d’accordo con Putin nell’approvare il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche del Donbass. Così ora i capi dei servizi segreti, il responsabile degli Esteri e tutti gli altri non si possono tirare indietro. Lui, l’inflessibile ministro della Difesa, è andato oltre, dando il là all’accusa più inverosimile contro Kiev: che stesse preparandosi a diventare «nucleare». Evitando di pronunciarsi sul riconoscimento delle repubbliche (chissà, magari domani il signore del Cremlino cambiasse idea), Shoigu ha sparato le sue cartucce: «In Ucraina ci sono più tecnologie, specialisti e capacità produttive che in Iran e nella Corea del Nord».
(Tra l’altro: è proprio Shoigu ad avere il secondo dei codici nucleari necessari per lanciare i razzi atomici russi. Una delle chiavi è nelle mani del presidente, una nelle sue, la terza in quella del capo di Stato maggiore interforze; se anche una di esse viene annullata, la procedura si blocca).
Nato e cresciuto nell’Urss, Shoigu è abituato da sempre ad assecondare il volere di chi è alla guida. Viene dalla repubblica autonoma di Tuva da famiglia mista, padre della autoctona tribù turcofona e madre ucraina. Dopo una carriera nel Partito comunista, con il presidente Eltsin divenne ministro della Protezione Civile.
Con Putin legò subito grazie alla comune passione per la pesca, le cavalcate a torso nudo in Siberia, il bagno nei grandi fiumi. Venne promosso alla Difesa nel 2012 quando Putin tornò alla presidenza dopo la parentesi Medvedev. E da allora non si è più spostato.
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