Con le armi consegnate a Kiev siamo già in guerra con Mosca

Domenico Quirico

Le parole le pronunciamo talvolta controvoglia. Le usiamo per separarci da noi stessi, dalle conseguenze delle nostre azioni. Significano prudenza. E mancanza. Ma di fronte a quello che accade in questi giorni nelle pianure d’Ucraina bisogna pronunciarle perché non si può fare altrimenti. Eccole: l’Occidente, la Nato, l’Europa e l’Italia sono già in guerra con la Russia che ha invaso l’Ucraina e posto mano alla sua distruzione. Perché inviare armi a chi combatte è in ogni significato possibile bellico, giuridico, morale entrare in combattimento, ovvero partecipare e uccidere.

Le armi che abbiamo fornito e ora in maggiore quantità e efficacia forniremo all’esercito di Kiev non serviranno come semplice arnese di deterrenza, per convincere un nemico, ancora incerto, che pagherà un prezzo salato se attacca. Questa è la storia di ieri, seppellita sotto le bombe dell’incallito mestatore di Mosca. Adesso abbiamo liberato il terribile genio dalla lampada.

Non le faranno sfilare nelle parate della festa dell’indipendenza per esibirle come una riserva, una garanzia. Poiché Putin ha già attaccato con scelta brutale e colpevole servono per uccidere i russi. Quelle armi nostre, uscite dai nostri arsenali, vengono usate, sventrano, annientano, abbattono, eliminano il maggior numero possibile di combattenti nemici in modo più moderno tecnologico, efficace.

Gli uomini che maneggiano quelle armi sofisticate, letalissime come viene precisato con scrupolo, non sarebbero in grado di farlo se non fossero stati addestrati nei mesi e negli anni scorsi da istruttori dell’Alleanza atlantica. Noi dunque non minacciamo, deprechiamo, confischiamo conti bancari o ville di lusso. Noi contribuiamo ai conti della morte, quindi siamo nella guerra. Mosca lo ha compreso benissimo, alzando il tono della sua minaccia di ritorsione nei confronti di quelli che chiama «attori esterni», ovvero gli alleati ora sul campo di Kiev.

Nelle dichiarazioni dei leader occidentali la parola, guerra, con ipocrisia ha disertato il senso che ricopre. Fornire cannoni e anticarro è presentato come una appendice un po’ più forte delle sanzioni economiche, quasi fosse un gesto necessario e innocuo, asettico per chi lo compie quando qualcuno viene aggredito e i perseguitati non hanno i mezzi sufficienti per difendersi. Questo è vero per le sanzioni. Ma non per la fornitura di armamenti quando già si combatte.

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