L’inaspettata resistenza di Zelensky mette a nudo le quinte colonne italiane dei russi

di  Alessandro De Angelis

Al settimo giorno di guerra, la questione ruota a due concetti antichi che, negli strani tornanti della storia, talvolta tornano drammaticamente attuali: la “resistenza”, in questo caso eroica e imprevista del popolo ucraino, e la “quinta colonna”, intesa come punti di permeabilità nell’opinione pubblica anche occidentale di fronte a un conflitto che prosegue, militarmente ad est, ma anche con altri mezzi nell’Occidente.

Nell’intervista che, una settimana fa, Marco Minniti ha rilasciato all’HuffPost, a conferma di quanto la conoscenza della geopolitica e degli ingranaggi di sicurezza siano cruciali nell’analisi e nell’orientamento delle scelte, l’ex sottosegretario a palazzo Chigi ai tempi del Kosovo, ex capo dell’Autorità delegata dei servizi, ex ministro dell’Interno diceva: “Dopo l’annessione unilaterale del Donbass, Putin aveva di fronte due strade: la strada di fermarsi e di accontentarsi di quello che appariva un chiaro successo tattico come lo spostamento di qualche centinaio di chilometri dei confini della Russia e l’aver stracciato gli accordi di Minsk. Oppure l’azzardo dell’invasione. Questo azzardo può però essere per Putin un rischio oltre le sue capacità. E il compito dell’Occidente è dimostrare non sono accettati azzardi”.

Una settimana dopo, è conclamato l’azzardo, le cui ragioni sono evidenti a occhio nudo, e spiegate da diversi analisti. Il “rischio” che si è assunto si è manifestato nel fallimento del blitzkrieg in Ucraina, grazie alla straordinaria capacità di resistenza di un popolo e del suo leader, un ex comico, diventato, anche grazie alle sue doti istrioniche un’incredibile interprete dell’anelito libertario dell’Ucraina e del suo spirito europeista. Il suo collegamento video al Parlamento europeo è un’immagine iconica che certifica proprio questo non collasso. Anche in un paese devastato, con duemila morti, città prive di acqua, file chilometriche di carri armati, c’è ancora una connessione che regge meglio che nei nostri paesi del Sud e un leader che mostra il suo corpo e regge la sfida.

Ed è proprio questa resistenza la chiave degli eventi, perché il tempo gioca a favore degli ucraini, secondo un paradigma rovesciato rispetto al ’42 quando il “generale inverno” fu il primo alleato dei russi rispetto ai tedeschi, essendo il fango, più del ghiaccio, nemico dei corazzati. E il primo a rischiare in una possibile evoluzione siriana del conflitto è lo stesso Putin che ha presentato l’Ucraina come un paese “fratello”, in larga parte parla russofono e russofilo. Un conto è colpire i cosiddetti “deviazionisti”, salvando la popolazione, altro è rinunciare a un intervento selettivo a favore di un intervento indiscriminato, senza pagare, nel tempo, il prezzo di possibili conseguenze anche nella propria constituency domestica.

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