Con i soldati in fuga dall’inferno di Kherson. E il fronte della guerra ora è Odessa
La resistenza del Sud lotta anche contro la testa del nemico. Per disorientarlo i contadini sostituiscono i cartelli con i nomi dei luoghi e invertono le frecce. Centinaia di giovani incollano cartelloni che attaccano i russi. Su quelli con una nave a forma di Cremlino che affonda grondando sangue, c’è scritto «Nave militare russa vaffanculo». Altri recitano: «Russo non tornare a casa con la mani macchiate di sangue, per conquistare l’Ucraina Putin ha perso il resto del mondo». Attorno, migliaia di soldati e cannoni pronti a fare fuoco. Mykolajiv si prepara così alla sua battaglia. Sotto tiro il porto di Ocakiv, a sud della città: silurato dai russi un cargo del Bangladesh, almeno un morto tra i marinai dell’equipaggio. Drammatica la scelta sul ponte mobile che attraversa il fiume Bug, unico collegamento tra la penisola e la costa verso Odessa. «Se lo alziamo per fermare l’avanzata russa – dice il sindaco Oleksandr Senkevych – saremo in trappola anche noi. Se lo abbassiamo per salvarci, aiuteremo gli invasori. Se lo facciamo saltare, sarà un’ecatombe per tutti».
Dal destino di questo ponte dipende l’esito della sanguinosa offensiva sul Mar Nero. Adesso a tremare è Odessa. L’attacco russo dal mare è definito “imminente” dallo stato maggiore dell’esercito. Quattro grandi navi da sbarco e tre lanciamissili sono in vista della città. Ieri sera hanno suonato le sirene dell’allarme. Venti miglia al largo due siluri hanno affondato il mercantile estone Helt, che issava bandiera di Panama. Tra i sei membri dell’equipaggio, 4 sono morti. I russi avrebbero spinto il cargo in acque ucraine interdette, usandolo come scudo per lo sbarco di truppe. Odessa affronta così blindata la sua notte. Minate le spiagge, nascosti fra le trincee centro storico, cattedrali, i palazzi di Opera e Balletto. Proverà a resistere come Kiev, sapendo che Putin la pretende: arrivare qui per Mosca significa spostare il suo confine a un’ora dal cuore dell’Europa.
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