“War-tax”, i rincari che ci attendono per riempire il carrello della spesa e i prodotti che potrebbero scarseggiare
Paolo Russo
Prezzo del grano e del mais alle stelle con conseguente caro pane e pasta, ma anche bistecche e carni varie alle porte, perché è proprio con il mais importato in larga parte da Russia e Ucraina che alleviamo il nostro bestiame. E poi i concimi provenienti dai territori in guerra che non arrivano più, mettendo a rischio i prossimi raccolti, con la possibilità che vengano poi a mancare sulle nostre tavole anche verdure, pomodori, patate e vino, che com’è noto senza uva non si fa. La “war tax” fa schizzare alle stelle il prezzo di energia e carburanti ed anche, ma non solo per questo, minaccia di abbattersi sulle nostre tavole, dove il caro alimenti si era già fatto sentire da un anno a questa parte. Con ricadute molto più pesanti per le tasche dei meno abbienti, per i quali il governo potrebbe rispolverare il residuato bellico dei buoni pasto se la situazione dovesse precipitare. “Rischiamo di non avere a disposizione le quantità necessarie di fertilizzanti per i prossimi raccolti. E il blocco dell’attività nel porto di Odessa potrebbe far collassare il mercato internazionale dei cereali”, mette in guardia il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. L’Ucraina è infatti il terzo esportatore di cereali a livello globale e la Federazione russa è al primo posto. L’emergenza è mondiale, ma per l’Italia lo è ancora di più, perché come sottolinea Coldiretti noi importiamo il 64% del nostro fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti, mentre da oltre confine arriva il 53% del mais, utilizzato per l’alimentazione del bestiame. E come ricorda l’associazione dei coltivatori diretti, proprio l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais, con una quota che copre oltre il 20% del nostro fabbisogno, mentre l’import di grano dallo stesso paese ora sotto attacco è pari al 5%. E l’aumento di mais e soia sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare costi vertiginosi per l’alimentazione del bestiame, già saliti del 40%, visto che il 47% della dieta degli animali allevati nelle nostre stalle è composta da mais, mentre la bolletta energetica è andata su del 70%, incidendo sui costi di produzione.
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