Cingolani: «Gas, tetto europeo al prezzo. Così sostituiremo quello russo»

A ieri, un miliardo al giorno. Vede soluzioni?
«Un price cap, un tetto ai prezzi potrebbe aiutare. Andiamo a Bruxelles per parlarne. In tempi di emergenza si può stabilire un prezzo massimo, che sia equo in modo che il fornitore non se ne vada: un prezzo al di sopra del quale gli operatori europei non possono comprare, perché oggi la paura dell’interruzione dei flussi dalla Russia sta generando extra-profitti per Gazprom tutti a nostro danno».

Resta la dipendenza italiana. Come se ne esce?
«Il piano nazionale di sicurezza energetica deve aumentare il numero dei fornitori, staccandoci da quello principale. Con azioni sia immediate che di medio periodo. In queste ultime settimane abbiamo passato nottate a parlare con i governi dei vari Paesi produttori, per risolvere il problema. In primo luogo bisogna arrivare alla fine dell’inverno con gli stoccaggi che abbiamo».

Dalla guerra ucraina del 2014 la dipendenza dal gas russo di noi italiani è cresciuta. È stata miopia?
«L’Italia paga l’esserci appiattiti su questo fornitore che ci dà oltre il 40% del nostro gas, anche se fino a poco tempo fa è stato affidabile — risponde Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica —. Non è stato un buon approccio, a maggior ragione perché il nostro energy mix è piuttosto povero. Sostanzialmente dipendiamo dal gas, dunque l’errore è stato doppiamente grave».

La dipendenza dal gas per la produzione elettrica è fra le più alte d’Europa, no?
«Un terzo dell’energia consumata in Italia è elettricità e di questo terzo, il 60% circa è prodotto dal gas. Che poi soddisfa anche altri bisogni nel Paese. Serve un piano nazionale di sicurezza energetica per non ritrovarci più nelle condizioni di oggi. Questa guerra ci obbliga ad accelerare dopo anni di distrazione, ideologia, ipocrisia, balle».

Pensa all’ostilità per i giacimenti italiani di gas?
«In Italia ne abbiamo di media grandezza. Nel 2000 estraevamo quasi 20 miliardi di metri cubi, nel 2020 poco più di tre: lo avrei capito se intanto avessimo iniziato una drastica decarbonizzazione, ma il consumo di gas si è mantenuto fra 70 e 80 miliardi di metri cubi all’anno. Lo abbiamo comprato all’estero, perdendo le entrate da Iva e pagando per il trasporto».

Abbiamo preferito il gas di Putin a quello italiano?
«È una situazione in cui perdiamo da tutti i lati, va cambiata. E c’è un’altra situazione da rivedere: vent’anni fa aveva senso incentivare pesantemente le rinnovabili, che allora erano molto costose. Per favorire questa dinamica si era anche fatto sì che il prezzo dell’unità di energia, il megawattora, fosse agganciato a quello allora più economico del gas».

Ora il gas è molto più caro dell’energia da rinnovabili.
«Ma paghiamo in bolletta per questa convenzione per cui si produce energia rinnovabile a bassissimo costo, poi il prezzo va agganciato a quello oggi astronomico del gas».

Volete tassare gli extra-profitti delle rinnovabili?
«No. Cerchiamo di far sì che i cittadini possano vivere del loro salario».

Dunque le rinnovabili vanno vendute a prezzi che riflettano i costi effettivi?
«A prezzi equi direi. In Italia abbiamo preso una misura d’emergenza per un anno, con il decreto bollette. Ma questa è una partita europea, dobbiamo prendere atto che non ha senso agganciare il costo delle rinnovabili alla materia prima oggi più cara».

Se il gas fosse petrolio, è come se costasse 365 dollari al barile anziché i già cari 114 di oggi. Che si può fare?
«Chi ce lo vende, come la russa Gazprom, fa profitti straordinari. Una riflessione europea è importante. Lunedì andiamo con il premier Mario Draghi a parlarne con Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione Ue. Uno dei temi è il denaro che diamo ai russi per le forniture».

A ieri, un miliardo al giorno. Vede soluzioni?
«Un price cap, un tetto ai prezzi potrebbe aiutare. Andiamo a Bruxelles per parlarne. In tempi di emergenza si può stabilire un prezzo massimo, che sia equo in modo che il fornitore non se ne vada: un prezzo al di sopra del quale gli operatori europei non possono comprare, perché oggi la paura dell’interruzione dei flussi dalla Russia sta generando extra-profitti per Gazprom tutti a nostro danno».

Resta la dipendenza italiana. Come se ne esce?
«Il piano nazionale di sicurezza energetica deve aumentare il numero dei fornitori, staccandoci da quello principale. Con azioni sia immediate che di medio periodo. In queste ultime settimane abbiamo passato nottate a parlare con i governi dei vari Paesi produttori, per risolvere il problema. In primo luogo bisogna arrivare alla fine dell’inverno con gli stoccaggi che abbiamo». I mercati

Fattibile?
«Abbiamo iniziato l’inverno con l’85% di stoccaggi, ora siamo al 20-25%: più di altri Paesi europei. Se l’inverno non dura in modo innaturale e non ci sono cambiamenti catastrofici nelle forniture, non avremo problemi ad arrivare all’estate. Da allora però dovremo accelerare i nuovi stoccaggi in vista del prossimo inverno. E abbiamo già iniziato, in anticipo. Anche con un blocco totale di tutte le forniture da Libia, Algeria, Azerbaigian, Norvegia e Russia, abbiamo fino a otto settimane di autosufficienza».

Per sganciarci dai 25 miliardi di metri cubi di gas di fornitura annua della Russia cosa state facendo?
«Guardiamo ai Paesi del Nord Africa collegati via gasdotto con noi, Algeria e Libia. Dopo trattative molto forti, lì abbiamo appena ottenuto qualcosa più di 10 miliardi di metri cubi supplementari, che possono essere iniettati prima di metà anno. Inoltre metteremo a pieno regime i nostri rigassificatori, prendendo gas liquido da Stati Uniti, Canada e Nord Africa, con un apporto di circa 5 miliardi di metri cubi quest’anno. Dunque 15 dei 25 miliardi russi sono già coperti».

Manca qualcosa, no?
«Stiamo accelerando come non mai sulle rinnovabili, con risultati molto tangibili grazie alle procedure del Pnrr. E studiamo nuovi rigassificatori, con strutture galleggianti: possono essere messi in funzione in un anno o due. Da lì verranno altri 10 miliardi di metri e dai giacimenti italiani due. L’obiettivo è essere indipendenti nei fatti dalla Russia in 2 o 3 anni. E per più di metà, in tempi rapidi. Stiamo lavorando molto in squadra con Farnesina e ministero dell’Economia».

Vuole dire che possiamo fermare gli acquisti da Mosca, se scattano sanzioni?
«Se accadesse, l’Europa dovrà prendere posizioni chiare perché i nostri operatori non si ritrovino soli a dover rispondere della sospensione dei contratti. Quanto al petrolio, abbiamo già vari mesi di autonomia con le scorte».

Si finirà per inquinare di più rispolverando le centrali elettriche a carbone?
«Quelle ci servono come garanzia che, in caso di emergenza, non c’è blackout. Siamo chiari: gli obiettivi e il calendario di decarbonizzazione del Paese non cambiano. Non bruceremo più gas. E faremo andare di più le centrali a carbone solo per qualche mese se si realizzasse — ma speriamo di no — qualche evento catastrofico».

Vede misure di risparmio energetico, a questi prezzi?
«Dovremo pensare a qualche misura di economia di scala, senza toccare la qualità della vita. C’è un piano di emergenza elettrica».

CORRIERE.IT

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.