La sola salvezza è Angela Merkel
Terzo. Rassegnarsi alla conquista russa dell’Ucraina significa accettare la Grande Russia come attore protagonista in Europa, da sigillare dietro una cortina di acciaio essendoci tutti riarmati fino alla punta dei capelli. Oppure da coinvolgere in un precario ordine che marcherebbe la fine dell’egemonia americana sul Vecchio Continente. Quindi della Nato. Più che improbabile. O ancora, all’opposto, considerarla vittoria solo tattica di Putin e aprire la seconda fase del conflitto, fondata sul logoramento del nemico fino a decretarne la sconfitta strategica. Con disintegrazione della Federazione Russa analoga alla fine dell’Urss, ma ben più ampio spargimento di sangue. E avendo ridotto l’Ucraina a super-Afghanistan nel cuore d’Europa, con Polonia e Romania nelle vesti di Pakistan e Arabia Saudita, coperti da molto remoto alle spalle dagli Stati Uniti d’America. Potremmo dissanguare i russi, che però non sgombrerebbero l’Ucraina come fecero in Afghanistan perché troppo vicina alle mura del Cremlino. La Nato si spaccherebbe tra chi fosse o meno disposto a ingaggiare la guerriglia contro i russi. “Operazione militare speciale” alla rovescia, destinata a produrre quella guerra totale con la Russia che la Nato assicura di non volere. L’aggressione russa all’Ucraina ci ha abituato a tragici paradossi. Per evitare che sfoci nella follia definitiva, ovvero la guerra totale e la destabilizzazione permanente dell’Eurasia, esplorare la via negoziale parrebbe ipotesi degna di considerazione.
LA STAMPA
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