Quante reclute ingannate nel Vietnam dei russi

Che nel giorno in cui si sono ritrovati in Ucraina sotto le bombe e le pallottole sembravano metallo che usciva dalla terra e ti esplodeva in faccia, hanno vissuto in un attimo una vita intera. Perché ci sono avvenimenti che di colpo, in una sola prova, esauriscono tutte le possibilità dell’essere.

Siete invincibili, avevano gridato gli ufficiali durante l’addestramento, nessuno ha mai sconfitto l’esercito russo. E poi hanno scoperto che la guerra si faceva grottescamente sdraiati per terra, appiattiti al suolo perché gli altri uccidevano. E con il passare delle notti e dei giorni l’avanzata era lenta in quel il paesaggio che si scioglie nella foschia dell’orizzonte come un immenso mare che si è pietrificato. I poveri caseggiati di campagna, i campi marci e deserti, la facce della gente, ah le facce dei contadini! Era come se fossero a casa. Le stesse città e paesi: modesti e quasi domestici, più che vecchi, invecchiati. Era come se facessero la guerra alle campagne e alle città dove sono nati e vivono le loro famiglie. Non erano afgani o jihadisti con le tuniche e i turbanti, i dialetti aspri e incomprensibili: erano come loro. Erano loro. Allora questi poveri soldati hanno scoperto di aver fame e freddo e di soffrire.

Certo sono molto diversi dai compagni che non parlano che di avanzare, che odiano il nemico che la «loro» vittoria rallenta come un fastidioso ostacolo che abbruttisce un lavoro ben fatto, e chiacchierano solo di città distrutte, di chilometri lasciati alle spalle, del confine che si avvicina. Sì. La Russia si svuota e in numeri sempre maggiori si ammassa qui nel sud, nel nord, nell’Est dell’Ucraina dove i nonni di questi soldati già avevano combattuto. Ma allora tutto era più chiaro, più semplice: gli invasori erano gli altri parlavano un’altra lingua e soprattutto quella terra era Russia. Adesso gli invasori sono loro e tutto si confonde. Comincia il momento delle domande. È perchè ora la morte li prende di petto, li prende in tutta la sua larghezza come prima li prendeva la vita.

La guerra fa arrugginire gli uomini come i fucili, più lentamente forse ma più in profondità. È successo agli americani in Vietnam, ai sovietici in Afghanistan. Spesso è stato proprio il dolore delle madri a scombinare i piani dei pedanti della barbarie bellica.

In guerra si è sempre in attesa: attesa del cibo, delle munizioni, della benzina per i camion e i carri. E loro rivelano alle madri che le razioni sono scadute, dimenticate da tempo nei magazzini o rubate dai corrotti; che munizioni e benzina non arrivano e sono riservate prima alle truppe d’assalto. Le belle divise nuove sono già piene di fango in queste pianure ancora intirizzite dall’inverno, sono accartocciati e pieni di sporcizia, emanano una tanfo da gamella mal pulita.

LA STAMPA

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