Mike Mullen: «Con una no-fly zone si rischia una guerra tra la Nato e la Russia»

di Viviana Mazza

Gli scenari spiegati dall’Ammiraglio Mike Mullen, ex capo di stato maggiore delle Forze armate Usa, appena tornato da Taiwan: «Con una no-fly zone si rischia la guerra tra Mosca e l’Alleanza. Putin è determinato a prendere le città, ma non sarà la fine del conflitto»

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L’ammiraglio Mike Mullen, dal 2007 al 2011, sotto George W. Bush e poi Barack Obama, è stato il capo di stato maggiore congiunto degli Stati Uniti, la carica militare di più alto rango e il principale consigliere militare del presidente. Ha parlato con il Corriere della sera in questa intervista esclusiva. (Qui la versione in inglese)

Gli ucraini continuano a chiedere una no-fly zone, la Nato lo esclude.
«Capisco la richiesta, ma la possibilità di un conflitto tra la Russia e la Nato aumenta significativamente con una no-fly zone. In teoria hai questa zona in cui non si può volare, gestita da Paesi Nato. Se un aereo russo tenta di entrare, ti ritrovi con aerei della Nato a contatto con quelli russi e una delle regole d’ingaggio è: posso sparargli? Una volta che li abbatti, sei in una qualche versione di una guerra con la Russia. È per questo che stiamo evitando la no-fly zone. Se fossimo in guerra con la Russia potremmo metterla in piedi, ma non penso che succederà a breve».

Il convoglio di mezzi russi a nord di Kiev si è fermato e si parla da tempo di uno sbarco a Odessa che non è ancora avvenuto. I russi stanno incontrando difficoltà o l’attesa fa parte della loro strategia?
«Sin dall’inizio è stato molto difficile entrare nella testa di Putin, e continuerà ad esserlo. Inoltre sin dall’inizio ci sono stati tre assi dell’invasione, e penso che alla fine al minimo alla fine Putin controllerà in pratica Donetsk e Lugansk, nella misura in cui non li aveva già per via della popolazione russa e delle milizie che aveva già sul posto. Il secondo asse è il porto di Odessa e il Mar Nero ed è vitale per via dei commerci: è una seconda area da cui può spingersi verso nord-ovest, se vuole. E il terzo asse, che più di tutti è la chiave nella sostanza e nella percezione è la capitale; 190,000 truppe sono tante, ma non bastano a controllare il Paese. Se Putin raggiunge i tre obiettivi, non sono abbastanza per controllarli. Una delle questioni aperte, prima dell’inizio del conflitto, era il livello della resistenza, che si è rivelato straordinario e ha un leader straordinario. Sono stato al fianco di leader per tutta la mia vita, Zelensky è straordinario. La resistenza ha cambiato il gioco. Ora Putin deve capire: 1) Come prendere il Paese, cosa che ritengo sia determinato a fare; 2) Come mantenere il controllo. Se in un Paese di 44 milioni di persone hai una resistenza del 10%, fa 4 milioni, sono tanti, e dobbiamo aiutarli. È una lotta molto più difficile di quanto Putin si aspettasse. Ero capo di stato maggiore nel 2008, quando Putin andò in Georgia, un Paese assai più piccolo, ma anche lì fecero esercitazioni in numeri superiori a quelli visti prima e poi entrarono. Non sarà così facile stavolta.

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