Putin ha sottovalutato la forza dei (nostri) valori

Intendendo per idee-forza occidentali, la rule of law, ossia il governo della legge; la democrazia rappresentativa, ossia il modo di organizzare la politica più rispettoso delle libertà individuali; il mercato, ossia il sistema più efficiente (oltre che, anch’esso, più rispettoso della libertà) per organizzare la vita economica. Certo, in seguito, il fondamentalismo islamico, con la sua diversa idea di società, ha lanciato il guanto di sfida ma esso non è in grado di esercitare influenza al di fuori dei confini dell’islam. Certo, è anche tornato in circolazione l’«ordine confuciano», ossia l’idea di organizzazione della società che la potenza cinese propone al mondo ma, ancora una volta, è difficile che la capacità di attrazione di quell’idea possa andare molto al di là dell’area in cui si sono storicamente affermati i valori confuciani.

Ciò che Putin non ha capito è che la forza dell’Unione Sovietica non dipendeva solo dalla sua potenza imperiale, dalle sue armate, dal suo controllo di tanti territori non russi. Dipendeva anche dal fatto di essere la Casa madre di una religione secolare (il comunismo), la quale disponeva di moltissimi fedeli, di moltissimi devoti osservanti ovunque nel mondo (Europa occidentale compresa). Dov’è oggi il sol dell’avvenire? L’Unione Sovietica era forza bruta e ideologia. La Russia di Putin è forza bruta e basta. Certo, è vero, c’è il nazionalismo russo. Ma da solo, senza essere in grado di auto-giustificarsi appellandosi (credibilmente) a una qualche idea-forza di carattere universalistico, ossia capace, almeno potenzialmente, di parlare a tutti gli esseri umani, esso non sembra abbastanza solido e vitale per sostenere un’impresa imperiale duratura.

Per contro, tanti occidentali sono improvvisamente diventati consapevoli del fatto che la guerra non colpisce solo l’Ucraina. È anche un attacco all’Occidente e ai suoi valori (oltre che alla sua sopravvivenza).

La debolezza ideologica della superarmata Russia e la nuova unità del mondo occidentale testimoniano del fatto che, quando sono a rischio, l’Occidente fa tutto il possibile per difendere le proprie idee-forza e, con esse, il proprio modo di vita.

Comunque vada a finire in Ucraina, siamo entrati, per restarci, in un mondo multipolare nel quale gli occidentali dovranno vedersela con grandi potenze la cui inimicizia non dipenderà solo da una competizione fra concreti interessi nazionali divergenti. Dipenderà anche da differenti visioni del mondo, le quali, al pari degli interessi contrastanti, alimenteranno i conflitti.

Gli occidentali dovranno certamente evitare di farsi prendere la mano, di farsi guidare da uno spirito di crociata. In qualunque forma. Dovranno usare molto realismo (senso della realtà e prudenza, «saggezza applicata») per muoversi in un mondo diventato assai pericoloso a causa della dislocazione multipolare della potenza e nel quale, come sempre avviene, le divisioni geopolitiche si intrecciano con quelle ideologiche. Però, almeno, gli occidentali sanno, o dovrebbero sapere, di godere di un vantaggio. Possiedono, sul piano valoriale, le carte migliori. Se è certamente vero che i dittatori sparsi per il mondo preferiscono, perché sono per loro convenienti, la via russa o quella cinese, è altrettanto vero che gli occidentali dispongono delle idee-forza più potenti, più persuasive, quelle che milioni di uomini farebbero proprie se potessero scegliere liberamente.

Talvolta o spesso, o anche molto spesso, gli errori occidentali oscurano, provvisoriamente, questa verità. È toccato agli ucraini e alla loro tragedia ricordarcela.

CORRIERE.IT

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