Il morso velenoso del serpente russo
di Eugenio Scalfari
L’Europa ha una ferita nel cuore, si chiama Russia, che ha a sua volta un’altra ferita ancora più grande, si chiama Ucraina. L’indicibile orrore delle immagini che arrivano in queste ore da Kiev e dalle città distrutte, mi lasciano sgomento. Arrivato alla mia età, non avrei mai immaginato di poter assistere ancora a un conflitto nel cuore dell’Europa. Pensavo che il Novecento, con tutti i suoi tumulti e con i segni delle ferite che ancora ci portiamo addosso, fosse stato archiviato nei libri di storia, invece gli orrori sono riemersi e questa è sicuramente la più grave crisi dopo la Seconda guerra mondiale.
Putin, come lo avevo definito tempo fa, è un serpente a sonagli che
circonda i suoi avversari, non sempre il serpente a sonagli morde
velenoso. Spesso, specie se viene accarezzato, circonda con disinvoltura
il corpo di chi lo sopporta, ma può colpire di sorpresa e mordere con
morsi velenosi e quindi uccidere.
E così è accaduto, il serpente con il suo morso velenoso ha colpito,
l’aggressione militare all’Ucraina è stata ed è ancora in queste ore di
una violenza inaudita.
Le città bombardate e l’esodo di quel popolo inerme in fuga, ci fanno
precipitare nei giorni più bui della nostra storia europea. Il
presidente russo ha fatto della repressione prima in Cecenia poi in
Siria e anche contro il dissenso delle sue piazze, una delle motivazioni
di fondo per la conquista e il consolidamento del potere. Ha scelto di
usare la forza delle armi per poter ridisegnare la sua idea di Europa,
stracciando la mappa degli accordi di Yalta e cercando di farsi largo
per ricostituire il blocco sovietico, la grande Russia, a scapito della
Nato, della Ue e mettendo in discussione i valori delle democrazie. I
suoi carri armati hanno travolto il confine e la sovranità degli stati e
con essi la libertà di un popolo, quello ucraino di poter scegliere il
proprio destino, di potersi inserire a pieno titolo nella comunità
europea.
Kiev, capitale dell’Ucraina, è stata da sempre, come ricordava Ezio Mauro nei
giorni scorsi – una capitale di guerra, sangue, conquiste e battaglie –
la sua leggenda è parte della nostra storia, è stata l’anima
dell’antica Rus’, una realtà storica da più di 1200 anni, quando Mosca e
San Pietroburgo non esistevano nemmeno. L’Ucraina, con il suo miscuglio
di popoli e con la sua forte identità, è sempre stata per la storia una
“Piccola Russia” decantata nelle bellissime pagine giovanili di Gogol e
nei racconti del grande Michail Bulgakov.
Ma la Russia pero ha avuto una società civile, la sua cultura è al tempo
stesso profondamente russa ed europea come lo dimostrano la letteratura
dell’Ottocento, dei Puskin, dei Turgenev, dei Gogol, dei Cechov e di Dostoevskij e Tolstoj.
Ce l’ha soprattutto dalla rivoluzione della primavera del 1917, che
proclamò la Repubblica, guidata dai menscevichi e dal partito
socialista-rivoluzionario. Lì nacquero i soviet che furono, all’inizio,
l’espressione d’una società civile formata da intellettuali, borghesi e
operai.
Certo non fu mai una società numerosa e capillarmente diffusa, mancava
una classe borghese capace di sostenere i suoi valori liberali. Era una
società civile gracile e fu quella gracilità che indusse Marx a vaticinare la rivoluzione proletaria in Germania e in Inghilterra ma non certo in Russia e indusse Trotzkij a
predicare la rivoluzione mondiale avversando il socialismo in un solo
Paese adottato da Stalin il sanguinario, dal quale forse Puntin ha preso
ispirazione.
Ma il nuovo Zar ha calpestato tutto questo, ha riscritto con delle
menzogne la storia del suo Paese, piegandola ideologicamente al servizio
della sua guerra, ha negato l’esistenza storica dell’Ucraina in nome
della grande Russia, dimenticando che tutto era iniziato da lì, in
quell’ampio territorio che si estendeva dal mar Nero al mar Baltico.
Perfino Mikhail Gorbaciov l’ultimo presidente dell’Urss
ha sollecitato il mondo a fermare la minaccia del Cremlino. Ricordo
ancora il mio viaggio a Mosca e l’intervista che gli feci insieme a
Fiammetta Cucurnia. Avevo molta simpatia per quel leader che si batteva
per instaurare il “comunismo dal volto umano” e la sua perestrojka che
portò alla caduta nel 1989 del Muro di berlino.
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