Rincari record per gli alimentari, in un anno aumento del 21%. Allarme grano: “Panetterie a rischio chiusura”

di Rosaria Amato ,  Marco Bettazzi

ROMA – Non si tratta solo della guerra: l’indice Fao dei prezzi dei generi alimentari a febbraio ha raggiunto un record assoluto, superando di 3 punti il precedente del 2011, ed è in rialzo del 3,9% rispetto a gennaio e del 20,7% su base annua. E per alcuni prodotti di prima necessità i prezzi corrono ancora più veloci sulla doppia spinta degli aumenti energetici e della guerra: nel giro di una settimana, calcola Coldiretti sulla base delle quotazioni della Borsa merci di Chicago, il prezzo del grano è balzato del 38,6%, quello del mais del 17% e quello della soia del 6%.

«La guerra è un grave problema che si aggiunge ai problemi che c’erano già», rileva Massimo Rivoltini, presidente di Confartigianato Alimentazione, organizzazione alla quale fanno capo molti dei panificatori italiani, preoccupati in queste ore per le forniture di grano tenero per le quali siamo per il 64% dipendenti dall’estero. «Decine di panetterie sono a rischio chiusura — avverte Stefano Fugazza, presidente di Unione artigiani, panettiere di terza generazione a Lambrate — a 10 giorni dall’inizio del conflitto le farine di grano tenero sono cresciute del 40-50%, non possiamo scaricare questi costi sul prezzo del pane, si lavora in perdita per mantenere il rapporto coi clienti». Mario Rezza, panettiere milanese in piazza Piola aggiunge: «Abbiamo due fornitori in Piemonte e Lombardia e uno in Puglia e l’aumento è ovunque quasi del doppio, persino peggio per i prodotti di pasticceria come burro, lieviti, marmellate e cioccolato».

Stessi timori a Bologna: «Negli ultimi mesi il costo dell’elettricità è triplicato, quello del gas è aumentato del 162% — spiega Paolo Bonaga, dello storico panificio Paolo Atti&Figli — il mio impegno è mantenere i beni di prima necessità al di sotto dell’inflazione: il pane ad esempio è aumentato del 3%, a fronte di un’inflazione del 4,8%. Su altri prodotti ho dovuto fare aumenti più importanti: il fritto di carnevale, ad esempio, è passato da 40 a 45 euro al chilo».

A rischio anche le produzioni di pane, biscotti, merendine. Meno la pasta, che ha come materia prima il grano duro prodotto in Italia, ma questo non significa che vada tutto bene perché agricoltori e aziende sono stremati dal rincaro dei prezzi dell’energia e degli imballaggi. E in realtà anche il grano duro prodotto in Italia è aumentato di prezzo, l’80% in un anno, rileva Unione Italiana Food, ma per via della speculazione internazionale che ha fatto scarseggiare molte importanti materie prime nei mercati.

Ma l’allarme adesso è molto più grave perché non si tratta più di singoli prodotti, per quanto importanti, ma delle materie di base delle coltivazioni e della produzione globale. «Sembra che il ministero del Commercio russo abbia dato disposizione di bloccare le esportazioni di fertilizzanti in Europa. — denuncia il presidente di Coldiretti Ettore Prandini — Se il blocco si dovesse estendere a tutti i tipi di concime che arrivano dall’Ucraina, si ridurrà drasticamente la nostra capacità produttiva. In questo settore siamo dipendenti dall’estero per oltre il 95%, ad aprile inizia la campagna di concimazione, bisogna intervenire subito per ampliare la nostra capacità produttiva di almeno il 30%». Una questione che si pone anche per il grano tenero per i prodotti da forno, e per il mais per i mangimi degli animali. La crisi attuale ci coglie impreparati proprio come per l’energia perché, ricorda Coldiretti, negli ultimi 10 anni la produzione italiana di mais si è ridotta di quasi un terzo e quella di grano del 20%, e potrebbe andare anche peggio perché «anche nella nuova Pac (la politica agricola Ue, ndr) ci sono incentivi per non coltivare il suolo», dice Prandini.

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