Il sondaggio. Tre su quattro contro Mosca, ma Putin non frena Fi e Lega
di Ilvo Diamanti
Da oltre due anni viviamo nell’insicurezza. Fino a ieri eravamo turbati dal Covid. Il nemico invisibile che si muove fra noi. In molti hanno parlato di “guerra”, per definire e rappresentare la pandemia. Che ha provocato effetti pesanti e continua a fare vittime. Ma non è una “guerra”. Perché il nemico non ha un volto né interessi in nome dei quali combattere. Mentre ciò che avviene in Ucraina è una guerra vera. Sanguinosa. Che sta mietendo vittime nella popolazione del Paese “occupato”. E, al tempo stesso, fra i militari del Paese “occupante”. La Russia.
Una guerra che si combatte sugli schermi e sui social, oltre che sul territorio e nelle città. Non per caso le autorità russe contrastano, in modo aperto, i canali di comunicazione mediatica e im-mediata. Il digitale e i social. Che “trasmettono” le vicende e le scene di guerra oltre confine. In diretta. Nelle nostre case. In tempo reale.
Anche per questa ragione la preoccupazione dei cittadini appare acuta e diffusa. Pressoché unanime. A differenza di 8 anni fa, nel 2014, quando l’intervento russo in Ucraina determinò l’annessione della Crimea. È quanto emerge dal sondaggio condotto da Demos nei giorni scorsi. Che sottolinea, inoltre, come l’occupazione russa sia condannata da più di tre quarti degli italiani.
Peraltro, la reazione dell’Occidente, attraverso sanzioni economiche, ma senza scendere direttamente in campo, suscita un’ampia adesione, come osservano Bordignon e Turato, nel loro approfondimento. Mentre quanti ritengono che sarebbe stato meglio e più efficace intervenire direttamente, con azioni e interventi militari, costituiscono una componente limitata. Poco superiore al 10%. Circa la metà di quanti avrebbero preferito rimanere fuori dal conflitto. Rinunciando a ogni tipo di sanzione. Per non danneggiare il (nostro) Paese. I nostri mercati.
Tuttavia, queste vicende drammatiche, per quanto abbiano generato emozione, non sembrano aver modificato gli atteggiamenti politici “interni” al Paese. Nonostante le “relazioni” significative con Vladimir Putin, sviluppate, in passato, da alcuni importanti attori politici italiani. In particolare, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. I quali – soprattutto Salvini – oggi cercano di prendere le distanze da quel passato. E da quel “capo”. Tuttavia, le conseguenze di queste drammatiche vicende “esterne”, sul piano politico “interno”, appaiono poco visibili.
La fiducia verso il governo, infatti, si mantiene elevata e raggiunge il 63%. Superiore, di poco, rispetto a un mese fa. Un consenso solido, praticamente identico a quello espresso nei confronti del Presidente del Consiglio, Mario Draghi. A conferma che si tratta di un governo “personalizzato”. Anche gli orientamenti di voto cambiano poco. Anzi, pochissimo. Davanti a tutti si confermano il Pd e i Fratelli d’Italia, entrambi intorno al 21%. Il Pd appena sopra. Entrambi in crescita di mezzo punto percentuale. Mentre, poco più indietro, la Lega è stimata al 17,6% e il M5S scivola sotto il 15%. Come non avveniva da molti anni. Rispetto alle elezioni politiche del 2018, il “non-partito” guidato, attualmente, da Giuseppe Conte appare più che dimezzato.
A conferma dei cambiamenti profondi, che, negli ultimi anni, hanno
accentuato l’instabilità del consenso elettorale. Oggi molto più che
“liquido”, per evocare Zygmunt Bauman. Tutte le altre “forze” politiche
si confermano assai meno “forti”. E non raggiungono, anzi, perlopiù
neppure avvicinano il 10%. Ad eccezione di Forza Italia, stimata al
7,8%. In lieve crescita.
Il partito di Berlusconi, quindi, non risente dell’impopolarità di
Putin, in questa fase. Come la Lega di Salvini. Nonostante entrambi,
Salvini e Berlusconi, abbiano manifestato, negli anni scorsi, un aperto
“legame”, con Putin. Matteo Salvini, sul piano dei consensi, appare
perfino in crescita, per quanto di poco. Ma resta, comunque, molto
lontano da Draghi. E dagli altri principali leader. Conte, Meloni,
Gentiloni. E lo stesso Enrico Letta segretario del Pd.
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