Gentiloni: “Dalla crisi nasce la nuova Europa e sarà autonoma su energia e Difesa”
MARCO BRESOLIN
DALL’INVIATO A BRUXELLES. «Il 24 febbraio ha cambiato il corso della storia europea. Ci ha fatto capire che la libertà non è un optional lussuoso e ci ha tolto l’illusione di un ritorno alla normalità. Ma soprattutto ci impone un salto, un secondo momento costituente dopo il successo del primo. Con il Covid è stato il momento della solidarietà, oggi è quello dell’autonomia. Soprattutto in campo energetico e in quello della Difesa». Paolo Gentiloni è convinto che la Storia stia portando l’Unione europea a un nuovo punto di svolta. Il secondo nel giro di due anni. Il commissario all’Economia difende le sanzioni alla Russia, ma sa che potrebbero non bastare per fermare l’invasione in Ucraina. E questo per l’Occidente è «un vero e proprio dilemma». La crisi «non si risolverà nel giro di qualche giorno» e quindi «bisogna attrezzarsi per un periodo più lungo». Da un lato bisogna tenere la barra dritta con Mosca e fare il possibile per difendere l’Ucraina, ma al tempo stesso bisogna anche proteggere la crescita dell’economia europea che si sta rialzando dopo la pesante recessione causata dalla pandemia. Fare insomma «una politica di crescita in tempo di guerra».
La scelta di finanziare l’invio di armi all’Ucraina con fondi Ue è un sintomo di questo momento costituente?
«Abbiamo
preso una decisione senza precedenti: destinare 500 milioni di euro per
fornire armi e altri dispositivi a un Paese aggredito. E lo abbiamo
fatto con un consenso unanime. Anche su questo il vertice russo aveva
fatto i conti sbagliati».
Al di là delle forniture militari a Kiev, l’Occidente sta
combattendo una guerra principalmente economica: crede che basterà per
fermare Putin?
«La risposta dell’Ue e degli alleati
atlantici è stata molto forte, unita. E l’impatto di questa reazione
sull’economia russa è enorme. L’Occidente è però alle prese con un
dilemma: non è detto che questa risposta all’aggressione militare farà
cambiare idea a Putin. Questo ovviamente non incrina la nostra scelta,
che si è già mostrata molto rapida ed efficace. Molto più efficace della
sua ipotetica guerra-lampo. Ma il dilemma resta».
Chi spera che le cose possano cambiare grazie a una “rivolta” dei cittadini russi o degli oligarchi rischia di rimanere deluso?
«Certamente
Putin rischia di portare il suo Paese alla rovina economica e di
costringerlo a essere il junior partner di una Cina peraltro riluttante.
Questo avrà un impatto rapido anche sulla popolazione civile: ci
saranno conseguenze in termini di occupazione, sull’inflazione. Nelle
città e tra i giovani c’è già una maggiore consapevolezza. Inoltre le
decisioni dei Paesi occidentali sugli oligarchi potrebbero cambiare gli
equilibri interni al potere russo. Ma non abbiamo alcuna certezza. E
quindi questa scelta, che è sacrosanta, di rispondere alla guerra non
con la guerra ma con l’economia – oltre che con la diplomazia e la
solidarietà – non è detto che nell’immediato possa far cambiare rotta a
Mosca. Dunque bisogna attrezzarsi per un periodo più lungo».
Quanto lungo?
«È una crisi drammatica, con
conseguenze umanitarie immani. Ma non si risolverà nel giro di qualche
giorno. Dovremo gestire l’economia Ue in tempo di crisi e con una guerra
ai nostri confini. Per ora le conseguenze sul settore bancario sono
contenute, mentre il settore energetico potrebbe finire sotto pressione.
Per questo bisogna attrezzarsi. Ci saranno conseguenze sulle catene di
approvvigionamento, sulle materie prime e sulla produzione alimentare,
soprattutto nei Paesi più poveri. Perché Russia e Ucraina sono ancora il
granaio del mondo».
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