Il patriarca di Mosca si arruola con Putin, guerra giusta “contro la deriva gay”. Missione in salita per gli emissari del Papa

di  Maria Antonietta Calabrò

Nelle stesse ore in cui il Papa dopo l’ Angelus ha chiamato la guerra con il suo nome, nella giornata di domenica, la domenica del Perdono, che in Russia segna l’inizio della Quaresima, il patriarca di Mosca Kirill, notoriamente legato a Putin, ha pronunciato un sermone scioccante che ha frustato le aspettative di quanti sia da parte cattolica che da quella ortodossa ucraina, avevano levato le loro voci affinchè il patriarca si pronunciasse chiaramente contro la guerra d’invasione. Ma la sua risposta è stata l’opposto. Kirill infatti ha parlato in termini apertamente giustificazionisti della guerra in Ucraina, vista come lotta contro le élite mondialiste e la promozione di modelli di vita peccaminosi e contrari alla tradizione cristiana. L’esempio principale? Il Gay Pride.   Per Kirill lo “scoppio delle ostilità” è arrivato dopo che “per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass”, dove c’è “un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale”. E secondo lui “oggi esiste un test per la lealtà a questo governo, una specie di passaggio a quel mondo felice, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della libertà visibile. Sapete cos’è questo test? È molto semplice e allo stesso tempo terribile: è una parata gay”.    Nel suo sermone al termine della Divina Liturgia nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, il patriarca ortodosso inoltre ha fatto riferimento solo alle vittime filo-russe nel Donbass, e mai a quelle dell’invasione in corso. E ha fatto appello ai credenti a seguire le decisioni delle autorità governative. “Siamo entrati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico – ha quindi insistito a proposito della necessità di combattere -. So come, purtroppo, gli ortodossi, i credenti, scegliendo la via di minor resistenza in questa guerra, non riflettano su tutto ciò a cui pensiamo oggi, ma seguano umilmente la strada che mostrano loro i poteri costituiti”.   Il nodo da mettere in luce è che per il Patriarcato di Mosca la guerra contro l’Ucraina è l’occasione di una vera e propria riconquista, visto che dopo lo scisma della Chiesa ortodossa del 2018, ha perso tra il 60 e il 70 per cento dei propri fedeli. La gran parte degli ortodossi ucraini si sono costituiti in una chiesa autocefala che ha avuto la benedizione del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I. Più che dimezzando così la consistenza della chiesa di Mosca nel suo complesso in tutto il mondo ortodosso (cioè non solo in Ucraina), a favore appunto del Patriarcato di Costantinopoli. Sembra perciò che Kirill segua Putin in modo che si avveri in Ucraina l’ espressione latina “cuius regio eius religio”.   Non è un caso se il 2 febbraio 2022 a pochi giorni dall’invasione, Putin ha insignito il Metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca (e spesso in Vaticano) di una delle massime onorificenze russe: l’Ordine di Aleksandr Nevskij, il santo nobile russo, principe di Kiev, sepolto a San Pietroburgo, la città natale di Putin, di cui è patrono.

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