Il patriarca di Mosca si arruola con Putin, guerra giusta “contro la deriva gay”. Missione in salita per gli emissari del Papa

Nel Salone di San Giorgio del Cremlino, Hilarion si è rivolto a Putin non solo ringraziandolo per l’aiuto ai cristiani in Siria contro i terroristi, ma anche per quello che sta facendo in Africa. Ha aggiunto, con un riferimento trasparente all’Ucraina: “Il nostro Dipartimento è talvolta chiamato Ministero degli Affari Esteri della Chiesa, il che non è esatto, poiché ci occupiamo non solo di affari esteri, ma anche di relazioni interreligiose nella nostra Patria. E negli ultimi anni ci sentiamo sempre di più una sorta di dipartimento di difesa, perché dobbiamo difendere le sacre frontiere della nostra Chiesa”. E ancora: “La Chiesa russa si è formata nel corso di più di dieci secoli e l’abbiamo ereditata entro i confini in cui è stata creata. Non l’abbiamo creata noi, e non possiamo distruggerla. Per cui continueremo a resistere alle sfide esterne che dobbiamo affrontare oggi”.   La guerra della Russia all’Ucraina ha anche questo risvolto religioso per il Patriarcato di Mosca: riannettersi quello che, a suo parere, le sarebbe stato tolto. A dar man forte a Kirill nella sua crociata anti mondialista è tornato a farsi sentire proprio oggi l’ex nunzio apostolico negli Usa – e stretto alleato di Donald Trump anche in occasione dell’assalto al Capitol del 6 gennaio 2020 – l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, con una sua “dichiarazione sulla crisi Russia – Ucraina” in cui accusa, in modo consonante con Kirill, il Presidente Zelensky di essere una pedina per l ‘espansione della ideologia Lgbtq.   Nel frattempo il Papa ha inviato due cardinali “in missione verso l’ Ucraina”. Si tratta dell’Elemosiniere Konrad Krajewski, polacco, che cercherà di raggiungere il Paese passando per la Polonia, e del prefetto ‘ad interim’ per lo Sviluppo umano, Michael Czerny, cecoslovacco naturalizzato canadese, che transiterà invece dall’Ungheria. Testimonieranno la vicinanza e l’aiuto di Francesco per la popolazione sofferente della nazione invasa che, ha ricordato all’ Angelus, ha la Madonna come propria regina. Una missione molto difficile che non si sa fino a dove potrà arrivare in un paese che secoli fa vide il martirio in Crimea di ben due Papi (Clemente I, le cui ossa sarebbero state traslate proprio a Kiev, e Martino I).   Da parte sua il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin ha dato seguito alla parola di Papa Francesco ( “La Santa Sede farà di tutto per la pace”) dichiarando che “quello che si deve fare adesso, prima di tutto è fermare le armi e i combattimenti ma soprattutto evitare una escalation. E la prima escalation è proprio quella verbale”, ha detto a Tv2000 spiegando che “l’intervento della Santa Sede si colloca a più livelli”, “religioso”, “umanitario” e se le parti in causa lo richiedono, “poi c’è la disponibilità di iniziative sul piano diplomatico”.

L’HUFFPOST

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