L’Occidente è più impantanato di Putin. Alla fine è “Cina pensaci tu”
“Penso che la Cina abbia una certa influenza sulla Russia. Ho discusso con il ministro degli Esteri cinesi questa mattina ed ho chiesto alla Cina di usare tutta la sua influenza in potenziali iniziative diplomatiche e arrivare a un cessate il fuoco. La Cina può giocare un ruolo, non come mediatore, perché è molto vicina alla Russia, ma può giocare un ruolo. Ha un’amicizia e delle connessioni con la Russia e può giocare un ruolo cruciale per una soluzione diplomatica alla crisi”. A parlare è Josep Borrell, il capo della politica estera comunitaria, in una conferenza stampa assieme al ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian. Dettaglio non trascurabile quest’ultimo, visto che martedì sarà il presidente francese Macron in persona ad alzare la cornetta e chiamare l’omologo cinese Xi Jinping per chiedergli di far ragionare Putin. Insomma, l’Europa si affida a uno spudorato “Cina, pensaci tu” che nasconde la grande difficoltà negoziale in cui l’Occidente si trova in questo momento: impantanato diplomaticamente, più o meno come lo è la Russia sul campo in Ucraina. L’Europa infatti non vuole fare un passo in avanti su entrambi i dossier più caldi: le sanzioni a gas e petrolio russi e l’invio di ulteriori armi all’Ucraina. E non vuole farlo per più di una buona ragione rispedendo al mittente la grande spinta di Stati Uniti e Gran Bretagna, tanto che più di un osservatore nota una prima importante incrinatura nell’asse atlantico dall’inizio della guerra.
Partiamo dalle sanzioni. Sul tavolo del prossimo consiglio informale di giovedì prossimo a Versailles c’è il quarto pacchetto di misure economiche contro la Russia. Non è un mistero che gli Stati Uniti stiano da qualche giorno pressando fortemente affinché venga boicottato l’acquisto di petrolio russo. Una misura, questa, che metterebbe davvero in ginocchio l’economia di Mosca: il greggio conta per tre volte il gas in termini di entrate per le ormai disastrate casse russe. Ed è proprio per questo che gli americani vogliono colpire proprio lì. Però quando si parla di sanzioni c’è sempre il rovescio della medaglia e cioé quanti punti di crescita economica mangeranno qui in Occidente, in particolare in Europa. Mettere dei limiti alle importazioni di energia da parte della Russia rischia di far davvero male agli europei, soprattutto a quei paesi che più dipendono dal metano che arriva dai gasdotti siberiani. Stiamo parlando di Germania e Italia, in primis: Berlino importa addirittura il 51% di oro blu da Mosca (e il 50% del carbone più il 35% di petrolio), l’Italia si “limita” a un più contenuto 40%. Percentuali mostruose, che non possono essere sostituite completamente con altri fornitori e con altre fonti energetiche né nel breve né nel medio termine. Insomma, se si vuole azzerare il consumo russo prima di almeno due-tre anni non ci sono grandi alternative: le imprese tedesche e italiane dovranno fare i conti col razionamento energetico e con il blocco della produzione per un tot di ore al giorno. Proprio per questo il cancelliere tedesco Scholz ha messo le cose in chiaro: “l’approvvigionamento russo è di essenziale importanza” .”Il fabbisogno energetico per il riscaldamento, per la mobilità, per il rifornimento dell’elettricità e per l’industria al momento non può essere garantito diversamente”, aggiunge. Il messaggio è chiaro: niente sanzioni energetiche, please. Posizione, questa, su cui si è assestato implicitamente anche Mario Draghi oltre al governo olandese. Pazienza quindi per i desiderata di americani e britannici.
Ma la sintonia fra l’Europa e gli Stati Uniti – che finora era stata massima – s’è bloccata anche su un altro punto non banale: la tipologia di armi da inviare agli ucraini. Biden vorrebbe che la Polonia inviasse i suoi Mig di fabbricazione russa – e in quanto tali capaci di essere pilotati dagli ucraini – a Kiev in cambio di nuovi jet da guerra di fabbricazione americana per Varsavia. Una specie di triangolazione utile a ricostituire parte della difesa aeronautica ucraina. Ma la Polonia non ha nessuna voglia di partecipare a questo scambio, perché sa benissimo che la Russia la considererebbe come una partecipazione attiva al conflitto, con le conseguenze catastrofiche che ne deriverebbero. E su questo Varsavia ha incassato la comprensione di tante capitali europee, a partire proprio da Roma. Il ministro degli esteri Di Maio ha detto esplicitamente che mandare aerei così come istituire una No Fly Zone sarebbero due mosse propedeutiche all’allargamento del conflitto e allo scoppio della Terza Guerra mondiale. Quindi per la Ue più di questo non si può fare, più delle armi inviate (e da inviare nei prossimi giorni) alla resistenza ucraina non si può volere. Con buona pace degli appelli continui di Zelensky su entrambi i punti. Del resto la stessa diplomazia europea si sta rassegnando a uno scenario che non fa piacere a nessuno ma che ormai sembra inevitabile: la “sirizzazione” dell’Ucraina.
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