I droni turchi Bayraktar: l’arma decisiva dell’esercito ucraino
Il Bayraktar decolla da una strada, passa sopra le linee, con le sue telecamere permette all’operatore rimasto a terra di osservare il territorio, inquadrare il bersaglio e sganciare. Il drone made in Turchia al 93% è stato messo a punto dalle industrie di Selcuk Bayraktar, genero del presidente Erdogan, nella infinita repressione di Ankara contro i curdi. Il debutto internazionale è stato contro l’Isis in Siria. Poi contro le forze di Assad, contro il generale Haftar in Libia nel 2019 e nel 2020 in Nagorno-Karabakh ha fatto vincere l’Azerbaijan contro l’Armenia, in Etiopia ha salvato il governo contro i ribelli tigrini. Un’aviazione a basso costo e abbastanza rustica da non temere gli ambienti complicati del fronte.
Nel bollettino serale di ieri, il Cremlino aggiornava il suo conto dei successi sul nemico: 81 stazioni radar, 897 carri armati e altri blindati, 95 lanciamissili Grad, 336 cannoni, 662 tra jeep e camion, 84 droni.Non tutti saranno Bayraktar, ma secondo alcuni dati, gli ucraini avrebbero dovuto possederne appena 20. Invece, dicono fonti di intelligence, i rimpiazzi sono già arrivati. L’Ucraina avrebbe voluto impiantare una fabbrica di BT2 sfruttando la sinergia tecnologica con la sua vecchia industria spaziale sovietica. Ma la guerra è arrivata prima. Ora spera solo di averne tanti altri per ribaltare le sorti della guerra.
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