Antifascismo, l’uso e l’abuso per screditarlo
di Ernesto Galli della Loggia
Lo ha citato Putin proclamando che l’aggressione all’Ucraina condotta dal suo esercito con centinaia di donne e bambini massacrati sotto le bombe e migliaia di case sbriciolate dai missili costituisce un’eroica battaglia contro quei nazisti
Dopo aver fatto per settant’anni tutto quanto umanamente possibile per screditare il comunismo — sforzo, ammettiamolo, coronato da uno strepitoso successo — la Russia sta facendo ora la stessa cosa con l’antifascismo. Renderlo per sempre una merce avariata proclamando che l’aggressione all’Ucraina condotta dal suo esercito con centinaia di donne e bambini massacrati sotto le bombe e migliaia di case sbriciolate dai missili costituisce un’eroica battaglia contro quel noto nazista che risponde al nome di Volodymyr Zelensk’yj.
Ma ricorrendo all’antifascismo per giustificare la propria azione (senza che dall’Anpi si sia alzata una sola voce di protesta, mi pare) Putin compie senza volerlo un’importante opera di chiarificazione storica. Mostra che dopo il 1945 quel termine può voler dire tutto e il contrario di tutto a seconda delle circostanze. E questo perché tra coloro che allora si trovarono a combattere contro Hitler e Mussolini c’è chi ha cercato di conservarne una specie di monopolio per servirsene a suo piacere per ogni uso e praticamente contro ogni avversario. Soprattutto — di nuovo Putin insegna — per coprire le azioni più riprovevoli. Sicché grandi antifascisti, sono stati prima dell’attuale avvelenatore del Cremlino alcuni tra i personaggi meno raccomandabili della storia a cominciare da Stalin. Perfino al muro che divideva in due Berlino i capi della Germania comunista affibbiarono, per renderlo accettabile il nome di «muro di protezione antifascista».
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