La nuova difesa e i vecchi pacifismi
Ciò non toglie che non manchino, quando si tratta di pace e guerra, gli abbagli ideologici. Un classico (e antico) abbaglio della società libera è quello di credere che il libero scambio, il commercio, e la conseguente interdipendenza economica e finanziaria, possano da soli, in assenza di altre condizioni, garantire la pace anche con le potenze autoritarie. Ciò spiega perché, nel periodo in cui Putin consolidava il suo potere autocratico in Russia, in Occidente si commettesse l’errore di pensare che ad assicurare la pace sarebbe bastata l’interdipendenza economica fra la Federazione russa e il nostro mondo.
Il pacifismo fondamentalista è di altra pasta. È armato di una antropologia positiva (l’uomo è buono per natura anche se può essere corrotto da istituzioni corrotte) e dalla conseguente convinzione che le asimmetrie di potere e l’esercizio del potere siano accidenti della storia anziché condizioni ineliminabili della vicenda umana. Diffida (quando non le è apertamente ostile) della società libera, la quale si regge sull’idea che gli abusi di potere possono essere evitati o attenuati solo se vari centri di potere si bilanciano e si controllano. Così come non crede che la libertà delle persone sia assicurata da una particolare disposizione dei rapporti di forza all’interno della società, il pacifismo fondamentalista contesta l’idea che la pace dipenda dai rapporti di forza fra gli Stati. Da qui un rifiuto assoluto della guerra, anche di quella difensiva.
Lasciamo da parte i finti pacifisti per i quali il pacifismo è solo un pretesto per combattere la società occidentale. Consideriamo il pacifismo fondamentalista, diciamo così, nella sua purezza. Si basa su due idee entrambe campate in aria. La prima è che basti decidere di non avere nemici perché i nemici non ci siano. Ma siccome il nemico prima o poi arriva lo stesso, in barba a ciò che pensano i pacifisti fondamentalisti, il loro rifiuto della guerra difensiva non lascia altra possibilità che la resa, la sottomissione. La seconda idea campata in aria discende dalla prima. I fondamentalisti pensano che la pace dipenda solo dalla buona volontà. Se provi a spiegare loro che la pace dipende invece dai rapporti di forza, e che per garantirla devi disporre di un potere deterrente che tenga a bada i potenziali aggressori, essi ti accusano di essere un «militarista» e un guerrafondaio. L’inconsistenza dei loro principi li porta sempre, lo capiscano o no, a fare il gioco degli aggressori di ogni risma. Siccome spesso citano Gandhi va detto che il Mahatma non era né uno sciocco né uno sprovveduto. Sapeva che la strategia non violenta da lui posta al servizio della causa dell’indipendenza indiana era in grado di fare breccia nell’opinione pubblica britannica e che ciò, condizionando il governo (democratico) di Sua Maestà, poteva dargli il successo. Ma comprendeva che contro Hitler servivano gli eserciti.
Tutti vogliamo la pace. Ma dobbiamo sapere che per tenere a bada il violento di turno (il quale arriva sempre prima o poi) non basta la buona volontà. Occorre anche avere a portata di mano un robusto bastone.
CORRIERE.IT
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