Tre grandi imperi trattino la pace
Massimo Cacciari
Risveglio più doloroso dalle speranze di una generazione non sarebbe mai stato concepibile. Verrà il momento in cui si potrà ragionare sulle cause di un simile tragico fallimento? La caduta del Muro, la pereistroika gorbacioviana avevano segnato per tutti i politici europei degni dei nomi di “politica” e di “Europa”, per l’intelligenza europea, per la coscienza della stragrande maggioranza delle nostre nazioni, la concreta prospettiva che l’impossibile fino a quel momento si era fatto possibilità reale. L’Europa avrebbe potuto finalmente essere quello che la sua cultura aveva sempre saputo senza poter mai realizzare: un grande spazio in cui le differenze di lingua, tradizioni, religione da motivi di perenne inimicizia si trasformavano in reciproco riconoscimento, capacità di ascolto e di dialogo. Un grande spazio arcipelago, unico al mondo – così sognavo, non certo da solo, trent’anni orsono – in cui ogni identità si sente parte di un insieme, in cui il mare non divide, ma è il cammino che permette la relazione e l’incontro. Un grande spazio in cui non poteva mancare la grande Russia.
Non guardavano forse in questa direzione i politici europei che avevano voluto la stessa moneta unica? Non si sperava in questo anche con l’allargamento dell’Unione europea? Forse che gli Schroeder, i Delors, i Prodi, lo concepivano invece come una strategia di isolamento o accerchiamento della Russia? Che cosa auspicava papa Wojtila augurandosi quotidianamente di potersi recare a Mosca? E risaliamo ancora più indietro nel tempo: la politica mediterranea italiana tra anni ’60 e ’80, l’Ostpolitik della grande classe politica socialdemocratica tedesca nello stesso periodo, erano mosse dichiaratamente dalla consapevolezza che un’Europa davvero grande potenza, dotata di una propria, autonoma politica estera e di sicurezza, non era concepibile senza un rovesciamento dei rapporti “da guerra fredda” con la Russia. Questa consapevolezza portò all’appoggio convinto alla svolta di Gorbaciov, e non già la soddisfazione per il crollo dell’Impero nemico. In Gorbaciov non si vedeva il rex destruens (che poi si è rivelato), ma chi poteva dare inizio con noi a una nuova Europa, la quale, attraverso percorsi diversi, per tappe e “pieghe” ragionevoli, avrebbe potuto portare a uno spazio economico, culturale, politico comune – dove il termine Comune significa l’opposto di omologazione e pensiero unico, significa appartenente a nessuno, dominabile da nessuno, fondato su principi di sussidiarietà e solidarietà. Ebbene, nulla ha fatto concretamente seguito a questa possibilità reale, ed ora la sciagurata guerra scatenata da Putin sembra averla messa a morte, trasformandola in un vuoto sogno. E nessuno può dire se e quando potrebbe mai risorgere.
Pages: 1 2