Gas russo, perché l’Italia e l’Europa non ne possono fare a meno

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Gas russo, perché l'Italia e l'Europa non ne possono fare a meno

Al momento «è impossibile» per l’Europa fare a meno del gas e del petrolio della Russia. A dirlo è il vicepremier russo Aleksandr Novak, nel giorno in cui ha incontrato il gruppo parlamentare di Russia Unita, il partito del Cremlino. Se il greggio proveniente dalla Siberia settentrionale e dall’Artico russo venisse rifiutato dall’Occidente, i prezzi del petrolio potrebbero arrivare a 300 dollari al barile: un pericolo che, secondo Novak, rende «improbabile» che l’Europa tagli nell’immediato la sua dipendenza energetica da Mosca. E se il vice premier ha poi rassicurato l’Occidente spiegando che la Russia non ha intenzione di tagliare la produzione di petrolio, al contempo non nasconde che proverà a diversificare le proprie rotte di fornitura.

La Russia sposta i flussi di greggio verso Est

E, così, mentre le compagnie petrolifere russe hanno già iniziato a reindirizzare i flussi verso Est, Mosca e il Kazakistan hanno deciso di creare un gruppo di lavoro per aumentare il transito di petrolio verso la Cina attraverso il Paese dell’Asia centrale. Come riporta la Tass, Novak ha ricordato che il contratto di transito per il petrolio russo verso Pechino attraverso il Kazakistan è stato recentemente esteso; e dinanzi ai deputati di Russia Unita, ha fatto presente che la questione della diversificazione delle esportazioni di idrocarburi verso la regione Asia-Pacifico «è davvero attuale, poiché si avvertono preparativi per un nuovo pacchetto di misure» da parte dell’Occidente, il quinto. Stati Uniti e Regno Unito, infatti, hanno già annunciato il veto sulle importazioni di petrolio dalla Russia, il cui effetto però Novak ha minimizzato, osservando che «in Gran Bretagna in generale non abbiamo export e, rispetto agli Stati Uniti, abbiamo fornito solo il 3% del nostro export di petrolio greggio e il 7% delle esportazioni di idrocarburi».

La situazione dell’Italia

Novak quando parla va sul sicuro. La debolezza storica nell’energia dell’Europa e dell’Italia è un dato di fatto. Come ha scritto sul Corriere Stefano Agnoli, la prima dipende per il 55% circa dalle importazioni e nel decennio 2010-20 la quota è persino aumentata, mentre nello stesso periodo la seconda l’ha leggermente diminuita, lasciandola però intorno al 75%. Per quanto riguarda l’Italia, poi, il gas naturale, che copre il 40% del fabbisogno energetico italiano, arriva a sua volta per il 40% dalla Russia. Il petrolio, invece, ne copre un altro terzo, di cui il 10% di estrazione russa. C’è poi il carbone, che in Italia copre solo il 3,3% del fabbisogno nazionale, ma che per quasi il 60% arriva sempre da Mosca. Qui, l’infografica completa con la mappa delle dipendenze energetiche dell’Italia.

La dipendenza dalla Russia, un problema antico

Già nel 2014, con l’annessione della Crimea e l’innesco della guerra in Donbass, gli europei dovevano capire che Vladimir Putin non è un partner come gli altri. Lo ha spiegato bene Federico Fubini: il suo ruolo non è puramente quello di fornitore commerciale, perché ha un’agenda politica ostile e imprevedibile.

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