Il discorso di Zelensky al Parlamento. E in Italia nulla sarà come prima

di Stefano Folli

Quei parlamentari assenti dall’aula di Montecitorio durante il discorso di Zelensky non hanno solo offeso la dignità del mandato ricevuto dai loro elettori. Hanno anche dimostrato la povertà della loro posizione. Il presidente dell’Ucraina si è infatti tenuto lontano da temi che avrebbero potuto creare divisioni nella politica italiana. Ci si attendeva un richiamo a una precisa pagina di storia: la Resistenza del ’44-’45, il 25 aprile, Bella Ciao. Poteva essere una sfida a chi contesta la resistenza ucraina e nega il parallelo tra i russi invasori di oggi nell’Est e i tedeschi invasori nell’Italia di allora. Niente di tutto questo. E nemmeno richieste esplicite di aiuti militari, di cui pure l’Ucraina ha un disperato bisogno. Zelensky ha invece fatto riferimento allo spirito umanitario degli italiani, al loro slancio verso i sofferenti. Nelle sue parole è sembrato rivolgersi al Parlamento di Roma, sì, ma anche se non soprattutto al papa Francesco, citato ed elogiato come un interlocutore ideale. Si capisce che il sostegno del pontefice è fondamentale per Kiev e una conversazione telefonica avrebbe confermato al presidente che può farvi conto. Del resto, la parte occidentale del paese è cattolica, in sintonia con la Polonia, e nella parte orientale gli ortodossi ucraini sono divisi dagli ortodossi russi, il cui patriarca Kirill è legato a Putin e al suo sistema di potere.
In definitiva Zelensky è parso consapevole che l’Italia è il paese della Nato dove i sentimenti filo-russi sono più radicati: minoritari, ma diffusi sul piano politico e mediatico, in buona o cattiva fede. Al tempo stesso l’Italia non è una potenza militare in grado di determinare le scelte dell’Alleanza Atlantica. Quindi egli ha usato un tono diverso da quello a cui aveva ispirato gli interventi al congresso americano, e poi a Berlino e a Gerusalemme. Ha sollevato argomenti che l’intero arco parlamentare, salvo frange estreme, può intendere: sanzioni, confisca dei beni agli oligarchi compromessi col regime, consapevolezza che l’Ucraina difende se stessa e insieme l’Europa, per cui la resa vorrebbe dire regalare a Putin il grimaldello per scardinare l’Unione.


Mario Draghi ha raccolto tali suggestioni e le ha trasformate in un discorso di forte tensione emotiva. Un discorso molto politico che senza dubbio accresce la credibilità italiana nell’area atlantica. L’idea di Europa che il presidente del Consiglio afferma — e nella quale vuole comprendere l’Ucraina — è infatti strettamente collegata al rapporto di alleanza con gli Stati Uniti. Così come i nuovi traguardi della difesa europea (il 2 per cento delle spese militari) hanno senso se si integrano nel quadro della Nato. È su queste basi che l’Italia vuole confermarsi nella crisi internazionale come uno dei maggiori partner europei degli Stati Uniti. Vale a dire che alla vigilia del vertice Nato e del viaggio di Biden in Polonia, il profilo della nostra politica estera non si presta ad ambiguità.

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