Il diritto smarrito

La Russia, però, ha continuato le operazioni belliche. La Carta delle Nazioni unite prevede che, in caso di inottemperanza alle decisioni della Corte internazionale di giustizia, la questione possa essere deferita al Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni unite, che può prendere misure per rendere efficace la decisione giudiziaria. Ma ben pochi casi sono stati deferiti, in passato, al Consiglio di sicurezza, perché molti riguardavano, come quello attuale, un membro permanente del Consiglio, che in quell’organo ha potere di veto. Quindi, si crea un circolo vizioso perché, nell’organo che dovrebbe rendere efficace una decisione giudiziaria non eseguita, lo Stato interessato — in questo caso la Federazione russa — ha un potere di veto.

In altri settori, quando l’inottemperanza non dipende da politiche aggressive così fortemente sostenute da poteri nazionali autocratici, la comunità internazionale ha sperimentato altre formule per dare esecuzione a decisioni giudiziarie. Per esempio, il monitoraggio e la pubblicizzazione, per ottenere l’appoggio di altri Stati o l’intervento di giudici nazionali (dove questi sono indipendenti dal potere esecutivo). Oppure il collegamento tra ordini giuridici diversi (se non rispetti l’ambiente per produrre un bene, questo non può essere commercializzato in un altro Paese). Oppure il ricorso a ritorsioni (cioè la possibilità di prendere misure altrimenti non consentite, a danno di chi non rispetta la decisione giudiziaria).

Ma tutto questo è ben poco efficace quando scendono in campo gli eserciti; è da qui che bisogna partire per rivedere la rete dei poteri internazionali e ristabilire un equilibrio tra sovranità nazionale e sovranità della comunità internazionale: quest’ultima non può essere fermata da una nazione con potere di veto, se si vuole che il diritto internazionale sia davvero efficace.

CORRIERE.IT

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