L’Europa perdente, la ferocia putiniana mette fine alle illusioni: rimarrà schiacciata fra Cina e America
Dall’altra parte due potenze asiatiche, la Cina che consoliderà con il suo astuto attendismo il passaggio imperialistico da potenza economica a gigante militare; e la Russia che rinnegherà, nella ferocia dello scontro e per le cicatrici lasciate dall’isolamento e dalle sanzioni, la sua vocazione europea per volgersi dall’altra parte. A quella tentazione asiatica a cui il forcipe di Pietro il grande l’aveva sottratta costringendola a guardare a ovest restando sotto il marchio autocratico. Sconfitta questa che sarebbe di portata gigantesca per gli europei e l’Occidente. Perché la Russia è sempre stata occidente anche quando la separava il Muro di Paese del socialismo reale e del marxismo burocratico e autoritario. Persino in quello sviluppo restava europea perché parlava una lingua ideologica a noi domestica e nota.
Le tre potenze che sopravviveranno si daranno battaglia nel Terzo mondo. Sempre che approfittando dei nostri errori e delle nostre baruffe fratricide il progetto totalitario dell’islam non trovi linfa e occasioni per sedersi al tavolo come quarto, pericoloso incomodo.
Nel 1914 l’Europa che era ancora presidiata da grandi potenze, Inghilterra, Francia con i loro imperi, il blocco continentale delle autocrazie, Germania, Austria-Ungheria e Russia (lo chiamavano il concerto europeo, litigioso gonfio di livori ma con un collaudato meccanismo che garantiva l’uscita di sicurezza diplomatica), corse con cieca indifferenza al fratricidio della guerra civile. Colpa di una generazione particolarmente feconda di politici molto bravi a metter tutto in subbuglio e repentaglio, attentissimi a non introdurvi ordine, misura, pazienza. Questa abilità di complicare i conflitti fu pari solo alla impotenza, una volta scoppiati, di chiarirli, limitarli risolverli. Non vi ricorda questa generazione di profeti sovvertitori quella che posta di fronte all’incendio ucraino e agli ultimatum prepotenti di Putin invece di far appello al proprio ruolo di mediatore forte che la geografia e la convenienza loro imponeva si è messa ad attizzare come artificieri pirotecnici fuochi che altri gli gettavano davanti incitandoli a innescarli? Così che si è assistito allo scandalo di una guerra tra nazioni europee e cristiane in cui chi cerca di bagnare le polveri e strappare un armistizio sono un musulmano dalla fama assai dubbia, un ebreo che ha saggiamente conservato voce nei due campi in lotta, e forse ma, con subdole reticenze, un comunista confuciano.
Noi europei che avevamo appena finito di congratularci con noi stessi per esserci dato appoggio reciproco nella bufera della pandemia, siamo scivolati in questo nuovo problema continuando come ciechi e sordi a confortarci l’un l’altro: una guerra qui tra noi è del tutto irragionevole, quindi impossibile.
E non è tutto. La scottante lezione è ancora più completa. L’Europa ha sentito che rischiava di fronte a questo pericolo «impossibile» di non riconoscersi più, che cessava di assomigliare a se stessa, che stava per perdere una coscienza acquisita dopo un lungo periodo di disgrazie sopportabili. Non si può accettare l’aggressione si è detto. Ed era giusto, anche se molte altre ne ha accettate in altre parti del mondo. Ma poi ha abdicato a quella che l’ha fatta grande ovvero questa sua straordinaria e forse unica capacità di trasmissione unita a una intensa capacità di assorbimento. Forse è la sua vera ricchezza, la forma originale della sua intelligenza, la sua ragione di durare. Qualunque chiusura di gioco le sarebbe funesta rendendola superflua.
LA STAMPA
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